Le storie di Tor Caldara

Tor CaldaraC’è un cancellone quasi nascosto dalla vegetazione, in via Ardeatina 267: è qui che inizia “ufficialmente” l’area regionale protetta di Tor Caldara. In totale, un centinaio di ettari di macchia mediterranea del tempo andato, prima che l’urbanizzazione selvaggia facesse sparire tutta la fitta selva che si estendeva fino qui (siamo nel Comune di Anzio) dai Colli Albani. Eh sì, perché Tor Caldara è una propaggine dell’attività vulcanica del Vulcano Laziale, alias Colli Albani, quello che ora si mostra sotto forma di due laghi, CastelGandolfo/Albano e Nemi, occupanti delle caldere antiche. Una storia geologica intensa, terminata circa 20mila anni fa, ma l’attività, al momento, è in standby, perché “là sotto” non è tutto esattamente sopito.                                                                                                                                                                                Quel che è stato salvato, a Tor Caldara, è diventato riserva nel 1988, e ancora oggi c’è una certa attenzione al luogo, che si può visitare solo la mattina e solo il giovedì, il sabato e la domenica.

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Il rumore del traffico e degli uomini si azzera, quando si inizia a camminare nell’area, la compagnia è quella dei propri passi e della musica di qualche uccello, il gruccione qui è di casa.

La vegetazione è intricata, ci sono ben sei delle 9 specie di quercia conosciute, protagoniste leccio, farnietto, farnia, e tante super sughere, e tutta una corte di arbusti. Dicono gli esperti che nell’ambiente particolare di Tor Caldara, dove le solfatare la fanno ancora da padrone, alcune piante si sono adattate, così come le trame ondulate della felce florida tra la vegetazione, o delle praterie dell’agrostide di Montellucii e soprattutto del Cyperus Polystachyus, il papiro delle solfatare, appunto, che sta solo qui e a Ischia.

TorSi possono vedere da vicino i depositi incrostati di zolfo che si estraeva fino all’Ottocento addirittura, dal Medioevo, un mix di argille, arenarie, gessi, dune eoliche, con ciottoli e anche qualche testimonianza di attività umana, probabilmente risalente ai neandertaliani che evidentemente frequentavano la zona. L’odore delle emissioni di gas, che ancora persistono, è più o meno forte a seconda delle circostanze atmosferiche, mentre il laghetto sulfureo, di solito dalle acqua lattuginose dove non si rispecchiano le piante tutto intorno, nel mese di aprile 2023 risulta inesorabilmente secco, la siccità ha colpito forte anche in zona. I paesaggi sono assolutamente fantascientifici, soprattutto se rapportati al verdeggiante bosco intorno.

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Tor Caldara ha la sua parte finale nella torre circolare cinquecentesca, sorta sui resti di una villa romana: è sopra una falesia di circa 12 metri, sotto argille marine, sopra arenaria e duna eolica, ai piedi di una spiaggetta la cui ampiezza diventa sempre più esile.

La riserva ha poi un’altra storia da raccontare: pure qui sono state scavate trincee dagli alleati durante lo sbarco per liberare l’Italia dai nazifascisti. La selva permetteva rifugio abbastanza sicuro ma non totale, a contare l’incredibile numero di morti. Un drammatico confronto con l’attuale bellezza del sito per fortuna salvato dalla speculazione edilizia.