Lo scrittore, nel narrare “sentimentalmente” le variabili del bosco italiano, nelle prime pagine ci dà anche qualche informazione sui relativi numeri: le foreste italiane occupano oltre 11 milioni di ettari, sono formate da oltre 12 miliardi di alberi, rappresentano il 36,7% del territorio nazionale e sottraggono all’atmosfera qualcosa come 46,3 milioni di tonnellate di anidride carbonica.
Le regioni più “forestose” sono Sardegna, Toscana, Piemonte, Calabria, Lazio, quelle meno Puglia, Molise, Valle d’Aosta. Ci sono più latifoglie che conifere, il top per estensione è di quercete a rovere, roverella, farnia, seguono faggete e boschi di cerro. Tra gli alberi autoctoni più diffusi ci sono faggio, abete rosso, castagno, cerro. Seguono larice, roverella, carpino nero, abete bianco, leccio, pino nero, pino silvestre, pino domestico, rovere, ontano, farnia. Tra le specie non italiane ci sono: douglasia, cedro, robinia, ailanto, eucalipto.
Roma capitale è il comune capoluogo di provincia con la maggiore superficie boschiva, 41mila ettari, Cagliari invece ha soltanto 348 ettari di territorio coperto da alberi e arbusti.
In Italia la superficie forestale è in aumento, segnala Cerofolini, ma il bosco si utilizza poco (come legna da ardere, edilizia, arredamento) perché si preferisce importare alberi dall’estero. Dunque c’è un aumento di boschi non curati, ovvero i nostri compagni verdi si riappropriano di aree montane o agricole abbandonate e crescono in modo spontaneo, senza programmazione del territorio da parte dei nostri amministratori. Ma questa è un’altra storia. I boschi italiani sono “poveri” dal punto di vista produttivo e silvicolturale, poco utilizzati, ma “ricchi” perché colmi di biodiversità animale, vegetale, paesaggistica, come sottolinea l’autore prima di “accompagnarci” a scoprire le meraviglie,, alcune zone green da monte a costa, con qualche pausa attorno a vulcani, fiumi e laghi…