Nel dettaglio: le popolazioni monitorate in America Latina e nella regione dei Caraibi hanno mostrato i peggiori trend, con un calo medio del 94% dal 1970. Nello stesso periodo, le popolazioni monitorate in Africa sono diminuite del 66%, mentre quelle in Asia-Pacifico sono diminuite del 55%. In Nord America, i monitoraggi hanno mostrato un calo del 20%, pari al 18% in Europa e Asia centrale. Tra i gruppi animali presi in considerazione, ad avere la peggio risultano le specie d’acqua dolce, con un declino medio dell’83%. Ancora una volta, notiamo come la natura e la biodiversità stiano progressivamente scomparendo ad una velocità allarmante a causa della nostra domanda crescente di energia, acqua e suolo. Ad oggi, sottolinea il WWF, tra l’1 e il 2,5% delle specie di uccelli, mammiferi, anfibi, rettili e pesci si è già estinto, l’abbondanza delle popolazioni e la loro diversità genetica sono diminuite drasticamente, due terzi degli oceani e tre quarti delle terre emerse sono stati alterati in maniera significativa dall’azione umana, mentre le temperature medie sono già aumentate di 1,2°C dai tempi preindustriali. “È la prima volta nella storia della Terra che una singola specie, Homo sapiens, esercita un impatto così forte sul Pianeta”, ricordano i ricercatori del WWF.
C’è una soluzione/speranza? Sì, perché sappiamo le cause di tutto questo: un cambio di passo, costruire società nature-positive, apportando “cambiamenti a livello di sistema nel modo in cui produciamo e consumiamo, nella tecnologia che utilizziamo e nei nostri sistemi economici e finanziari”. Insomma, uno sviluppo davvero sostenibile con maggiore attenzione alla natura e, quindi, a noi stessi.