La salute della biodiversità globale lascia molto a desiderare: lo conferma il Living Planet Report del WWF

WWFLa salute della biodiversità globale continua ad essere a rischio: lo conferma il “Living Planet Report”, il rapporto biennale curato dal WWF, che analizza in particolare i trend di declino di decine di migliaia di popolazioni di animali in tutto il mondo. Per l’indagine,  che ha analizzato circa 32mila specie, c’è stato un crollo del 69% in questi animali, in appena 50 anni, uno dei brutti numeri evidenziati dall’indice del pianeta vivente, il Living planet index. Questo indicatore misura appunto il cambiamento nell’abbondanza media delle popolazioni di migliaia di specie di mammiferi (tra cui l’uomo), uccelli, pesci, rettili e anfibi, nel pianeta. Lo sappiamo il perché, di questo declino, un super sfruttamento delle specie, il degrado e la scomparsa di tanti habitat, l’arrivo di specie nuove che diventano invasive e “killer” delle altre in tanti ambienti diversi, l’inquinamento, il cambiamento climatico con il riscaldamento che, non si farà qualcosa di “utile” segnerà un punto di non ritorno.

Nel dettaglio: le popolazioni monitorate in America Latina e nella regione dei Caraibi hanno mostrato i peggiori trend, con un calo medio del 94% dal 1970. Nello stesso periodo, le popolazioni monitorate in Africa sono diminuite del 66%, mentre quelle in Asia-Pacifico sono diminuite del 55%. In Nord America, i monitoraggi hanno mostrato un calo del 20%, pari al 18% in Europa e Asia centrale. Tra i gruppi animali presi in considerazione, ad avere la peggio risultano le specie d’acqua dolce, con un declino medio dell’83%. Ancora una volta, notiamo come la natura e la biodiversità stiano progressivamente scomparendo ad una velocità allarmante a causa della nostra domanda crescente di energia, acqua e suolo. Ad oggi, sottolinea il WWF, tra l’1 e il 2,5% delle specie di uccelli, mammiferi, anfibi, rettili e pesci si è già estinto, l’abbondanza delle popolazioni e la loro diversità genetica sono diminuite drasticamente, due terzi degli oceani e tre quarti delle terre emerse sono stati alterati in maniera significativa dall’azione umana, mentre le temperature medie sono già aumentate di 1,2°C dai tempi preindustriali. “È la prima volta nella storia della Terra che una singola specie, Homo sapiens, esercita un impatto così forte sul Pianeta”, ricordano i ricercatori del WWF.

C’è una soluzione/speranza? Sì, perché sappiamo le cause di tutto questo: un cambio di passo, costruire società nature-positive, apportando “cambiamenti a livello di sistema nel modo in cui produciamo e consumiamo, nella tecnologia che utilizziamo e nei nostri sistemi economici e finanziari”. Insomma, uno sviluppo davvero sostenibile con maggiore attenzione alla natura e, quindi, a noi stessi.