La fortuna di Vincent

Vincent
Tronchi d’albero nell’erba – Saint–Rémy, tardo aprile 1890 – © Kröller-Müller Museum, Otterlo, Paesi Bassi

Una mostra che celebra il mito della pittura, Vincent Van Gogh, che prende il via a Palazzo Bonaparte di Roma l’8 ottobre e rimane in esposizione fino al 26 marzo 2023. Sono 50 opere, tra cui il celebre autoritratto dipinto nel 1887, immerso in incredibili pennellate tra verde e azzurro: provengono tutte dal  Kröller-Müller Museum di Otterlo, nei Paesi Bassi. E qui conosciamo una donna, Helene Kröller-Müller, appunto: tra il 1907 e il 1938 mette su una prestigiosa collezione, che ci racconta (lì e ora a Roma grazie al prestito) delle evoluzioni artistiche delle diverse fasi della vita del pittore, tra Olanda e Francia. Fu proprio Helene a valorizzare i capolavori di Vincent, contribuendo ad allargarne la fama in tutto il mondo. Perché già in realtà ci aveva pensato la cognata, Johanna Bonger, la giovane moglie dell’amato fratello Theo, mercante d’arte, che si spegnerà dopo pochi mesi dalla morte dell’artista. Johanna diventa vedova dopo appena due anni dalle nozze e con un bambino poco più che neonato, chiamato Vincent come lo zio. Ma il dolore lo mette da parte, perché nell’appartamento di Parigi dove ha vissuto con il marito, c’è “qualcosa” da far conoscere: centinaia di quadri e disegni del cognato Vincent. Sono ovunque, sulle pareti, certo, ma anche stipati sotto il letto, nonché tanto spazio è per le tante lettere scambiate dai fratelli. Johanna scrive nel suo diario: “Oltre alla cura del bambino, Theo mi ha lasciato un altro compito, l’opera di Vincent: devo farla apprezzare il più possibile, devo preservare inviolati per il bambino i tesori che Theo e Vincent hanno raccolto”.

Vincent
Johanna Bonger nel ritratto di Johan Cohen Gosschalk, 1905

Anche se si sente “sola e abbandonata” ha dunque uno scopo nella vita e lo porta avanti con determinazione e successo. Con i suoi tesori e il suo dolore, nel 1891 lascia Parigi e si reca a Bussum, dalle parti di Amsterdan. Diventa un’acuta manager, ma non è solo una questione di carattere e necessità: aveva studiato inglese e per alcuni mesi aveva lavorato presso la biblioteca del British Museum, diventando poi anche insegnante di quella lingua.

A Bussum non solo vive con traduzioni di libri ma riesce a creare una rete di interesse attorno alle opere di Vincent. Organizza mostre e continua a dedicarsi alla diffusione dell’arte del cognato, i cui quadri cominciano ad avere prezzi sempre più consistenti, ma lei li vende e dona con criterio, non sovraccaricando il mercato. A un certo punto, attorno al 1915, conosce Helene Kröller-Müller: le due si capiscono al volo, attratte dai colori di Van Gogh. Che ormai si avvia a diventare l’icona che conosciamo e amiamo, anche grazie alle lettere con il fratello Theo che Johanna decide di pubblicare, non solo in olandese e in tedesco, ma pure nella traduzione inglese. Il che avviene dopo 4 anni dalla sua morte, nel 1925. Il testimone passa al figlio Vincent Willem, ingegnere meccanico, che crea la Fondazione Vincent Van Gogh e conclude un accordo con lo Stato dei Paesi Bassi per costruire il Museo Van Gogh di Amsterdam aperto al pubblico nel 1973.

Van Gogh – capolavori dal Kröller-Müller Museum, Palazzo Bonaparte, Roma, fino al 26 marzo 2023