Nella chiesa c’è inoltre un affresco di Gesù in croce, rovinato nel costato, nel ginocchio e sul volto da un soldato la cui spada, poi, si è ristretta a un quadrato impossibile da districare. Bene, insomma di robette belle (con la casa di Martino V, il Castello Colonna dell’XI secolo e lo straordinario Parco degli Elcini con i resti dell’acquedotto romano) ce ne sono, a Genazzano. E poi c’è lui, il Ninfeo incompiuto che sorgeva nel cosiddetto giardino vecchio del castello. Poche notizie lo riguardano: forse fu costruito all’inizio del 1500, nulle le notizie a suo riguardo, ma gli esperti dicono che potrebbe essere attribuito a Donato Bramante, per quelle linee, i grandi archi nelle parti alte (chiamati serliane da chi se ne intende), i conchiglioni che ancora decorano gli absidi. Si sa tuttavia che questo ninfeo è stato costruito in due periodi successivi, con cambiamenti d’uso e di progetto. Forse era un padiglione estivo, dove si svolgevano rappresentazioni teatrali o eventi, come si direbbe ora (ciò sarebbe comprovato dalla presenza dimolti vasi in argilla, aventi funzione acustica murati nelle pareti della zona rialzata, in modo da creare una sorta di camera acustica): il fatto certo è che si mostra concepito sullo schema della basilica di Massenzio e dei frigidarium delle terme romane, con diversi ambienti in cui ora ci si può perdere (un po’) accompagnati da gatti curiosi. Non manca una sala a forma di ottagono con una piscinetta circolare, forse un impianto termale, oggi però del tutto ricoperta di vegetazione e di una certa quantità di bottiglie di plastica e carte varie. Peccato. Tra l’altro c’è una parte di struttura sbilenca che aumenta il fascino dell’insieme, tra un prato con alberi di frutta da un lato, e un torrentello secco limitato da una prateria di farfaracci. Un luogo magico che avrebbe bisogno di protettori veri, non di essere scoperto per caso durante una gita fuoriporta.