Pier Paolo Pasolini. Tutto è Santo

pasolini Ma Pasolini sarebbe “davvero” contento che la sua storia, il suo essere, i suoi desideri (veri e presunti), il suo corpo fossero visualizzati così tanto intensamente come si sta facendo un po’ ovunque, per omaggiare i 100 anni della nascita? Una sovraesposizione di questo artista poliedrico che, come si sa, in vita non è che fosse molto benvoluto, dai più. Risposta, ovviamente, non ce n’è. Però, tutti noi possiamo identificare una nostra personale versione, magari andando a visitare (fino al 12 febbraio 2023) a Roma, presso  Palazzo Barberini, la mostra: Pier Paolo Pasolini. TUTTO È SANTO – Il corpo veggente, a cura di Michele Di Monte. Uno dei “tasselli” del mosaico di visioni sul regista scomparso nel 1975, nell’ambito del progetto espositivo Pier Paolo Pasolini. TUTTO È SANTO di Azienda Speciale Palaexpo, Gallerie Nazionali di Arte Antica, MAXXI Museo nazionale delle arti del XXI secolo. Intanto, perché il titolo, Pier Paolo Pasolini. TUTTO È SANTO?: si ispira alla frase pronunciata dal saggio Chirone nel film Medea (1969), che evoca la misteriosa sacralità del mondo del sottoproletariato, arcaico e religioso, in netto conflitto con gli eroi di un mondo razionale, laico, borghese.

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(allestimento, foto Alberto Novelli)

Nel percorso espositivo a  Palazzo Barberini, gli spazi espositivi hanno un particolare colore petrolio, anch’esso evocativo dell’omonima opera incompiuta di Pasolini. Tutti su un piano, i diversi ambienti intrecciano discipline, media, opere originali e documenti di archivio, mettendo a disposizione dell’osservatore la produzione pasoliniana confrontata con dipinti, sculture, fotografie e libri (per un totale di circa 140 pezzi). Una mostra che esplora il ruolo determinante della tradizione artistica nel cinema e nell’immaginario visivo pasoliniani, dai Primitivi al Barocco, dall’arcaismo ieratico dei pittori giotteschi al realismo sovversivo di Caravaggio, e il tema del sacro, che, come ricorda il titolo dell’intera rassegna, rappresenta il motivo di fondo di questo percorso. Un potere delle immagini caro senz’altro a Pasolini, ritratto qua e là nella sua casa tra i boschi a Chia, in provincia di Viterbo, luogo amato da quando lo scoprì come ambientazione per il suo “Il Vangelo secondo Matteo”.

La mostra è suddivisa in sei sezioni, intitolate alle figure del corpo, altro tema trasversale del progetto espositivo che accomuna i tre musei della Capitale coinvolti nell’iniziativa (Palazzo delle Esposizioni e Maxxi). Si comincia con un prologo, il corpo virtuale delle immagini, e si prosegue con: il corpo epifanico (la potenza rivelatrice del corpo nudo); il corpo dello scandalo (che si concentra sul motivo del crocifisso); il corpo del cordoglio (legato al lutto e ai suoi rituali); il corpo popolare (come il popolo con il suo corpo si palesa agli occhi, indimenticabili il “contatto” tra alcuni scatti del film di Pasolini “La ricotta” e il quadro del cinquecentesco Vincenzo Campi “Mangiatori di ricotta”, proveniente da Lione); il corpo soggetto (rappresentazioni e forme con tante implicazioni ideologiche ed etiche);