Nel percorso espositivo a Palazzo Barberini, gli spazi espositivi hanno un particolare colore petrolio, anch’esso evocativo dell’omonima opera incompiuta di Pasolini. Tutti su un piano, i diversi ambienti intrecciano discipline, media, opere originali e documenti di archivio, mettendo a disposizione dell’osservatore la produzione pasoliniana confrontata con dipinti, sculture, fotografie e libri (per un totale di circa 140 pezzi). Una mostra che esplora il ruolo determinante della tradizione artistica nel cinema e nell’immaginario visivo pasoliniani, dai Primitivi al Barocco, dall’arcaismo ieratico dei pittori giotteschi al realismo sovversivo di Caravaggio, e il tema del sacro, che, come ricorda il titolo dell’intera rassegna, rappresenta il motivo di fondo di questo percorso. Un potere delle immagini caro senz’altro a Pasolini, ritratto qua e là nella sua casa tra i boschi a Chia, in provincia di Viterbo, luogo amato da quando lo scoprì come ambientazione per il suo “Il Vangelo secondo Matteo”.
La mostra è suddivisa in sei sezioni, intitolate alle figure del corpo, altro tema trasversale del progetto espositivo che accomuna i tre musei della Capitale coinvolti nell’iniziativa (Palazzo delle Esposizioni e Maxxi). Si comincia con un prologo, il corpo virtuale delle immagini, e si prosegue con: il corpo epifanico (la potenza rivelatrice del corpo nudo); il corpo dello scandalo (che si concentra sul motivo del crocifisso); il corpo del cordoglio (legato al lutto e ai suoi rituali); il corpo popolare (come il popolo con il suo corpo si palesa agli occhi, indimenticabili il “contatto” tra alcuni scatti del film di Pasolini “La ricotta” e il quadro del cinquecentesco Vincenzo Campi “Mangiatori di ricotta”, proveniente da Lione); il corpo soggetto (rappresentazioni e forme con tante implicazioni ideologiche ed etiche);