Paesini, il progetto che racconta l’Italia “lontano” dalle grandi città

paesiniSi chiama Paesini il progetto nato dalla collaborazione tra What Italy Is, collettivo di Content Creator che ha lo scopo di raccontare l’Italia oggi, ed Eolo, Società Benefit e principale operatore leader in Italia nella fornitura di connettività tramite la tecnologia Fwa. Un’idea, quella di Paesini, che registra un cambiamento dell’odierna società italiana. La voglia di allontanarsi dalle città caotiche, in luoghi più “a misura d’uomo”, si stava disegnando già da qualche tempo per molti, ma è decisamente emersa durante la pandemia. E con un obiettivo, andare a vivere in luoghi dalle piccole dimensioni, con ritmi più lenti, senza però perdere le opportunità lavorative e le comodità che i grandi centri urbani offrono. Possibile ora grazie alle digitalizzazione che richiama pure le risorse del Pnrr, il piano nazionale di ripresa e resilienza, come vera e propria priorità. Con Paesini si racconta allora una serie di 52 storie che vivrà sui social e che durante tutto l’anno racconterà luoghi remoti d’Italia e i relativi protagonisti,  persone comuni che proprio in queste località, anche grazie a internet, riuscendo a realizzare il proprio sogno di vita. Magari inseguendo le tradizioni enogastronomiche.

Paesini parla dei piccoli luoghi che hanno una nuova vita con il digitale

paesiniCome è successo a Gianluca Aphel, che nella Tuscia viterbese, a Calcata, borgo incantato costruito sul tufo, nel ristorante La Piazzetta, propone ricette con prodotti locali del territorio, con la pasta rigorosamente preparata con le sue mani. Tra i piatti forti di Aphel, che fa parte dell’alleanza Slow Food dei cuochi ed è presente sulla guida Gambero Rosso, ci sono i “Tringozzi con la gricia”, piatto popolare di origine romana, di cui ha raccontato a Paesini la sua modalità di preparazione: “La gricia è la vera amatriciana perché il pomodoro non è utilizzato in Italia fino all’arrivo degli americani; il pecoraro si portava la forma di pecorino, il guanciale, la padella, vino e la pasta che preferiva”. E perché si chiama Tringozzo? Il cuoco utilizza tre farine per farla, tutte in arrivo da un altro paese della Tuscia viterbese, Montefiascone, da cui si rifornisce pure per il vino: farina di grano tenero, farina Maiorca e farina di farro. E tra gli altri ingredienti, il guanciale, affumicato nel camino, arriva da Nepi, a pochi km da qui, e il pecorino da Civita Castellana.

Senza internet, sottolinea a Paesini Gianluca, il ristorante non riuscirebbe a raggiungere la maggior parte dei suoi clienti: le prenotazioni, ormai, arrivano soprattutto tramite WhatsApp, email o portali di prenotazione online. Senza dimenticare i social media, in particolare Facebook e Instagram, che hanno un assunto un ruolo molto importante perché permettono di raccontare la passione per la cucina, attraendo gli utenti e spingendoli ad assaggiare i suoi piatti. (foto di What Italy Is)