Come comunicare con il malato di Alzheimer: 21 settembre giornata mondiale della malattia

Il 21 settembre è la giornata mondiale dell’Alzheimer: come affrontare la patologia e comunicare con il malato? Sono domande che si fa chi ogni giorno deve interagire con una persona cara affetta da demenza, di cui soffrono nel mondo almeno 50 milioni di persone, oltre 600mila in Italia. Secondo le stime dell’Oms, organizzazione mondiale della sanità, i numeri sono destinati a triplicare entro il 2050 causa il progressivo invecchiamento della popolazione. Proprio l’Oms ha deciso di dedicare il mese di settembre alla sensibilizzazione di tale malattia, creando consapevolezza e cercando soluzioni per alleviarla. Non solo nei confronti di chi ne è direttamente colpito, ma pure dei familiari che ogni giorno fanno i conti sulle incredibili difficoltà di assistenza, a livello pratico ed emotivo, sempre più complesse giorno dopo giorno. In assenza di cure farmacologiche efficaci, l’importanza del comunicare è davvero determinante. Comunicare con un altro linguaggio e diversi atteggiamenti che possano unire le sofferenze, ma comunque, “comunicare”.

Comunicare con il malato di AlzheimerLa piattaforma online Top Doctors® (www.topdoctors.it), che raduna specialisti di varie discipline, in merito all’Alzheimer ha stilato alcuni consigli per facilitare l’interazione tra malati e famigliari, anche perché al momento non esiste un’efficace cura farmacologica di contrasto. Eccoli.

Creare le giuste condizioni – Ad esempio: la malattia porta alla restrizione del campo visivo attentivo, per cui, prima di avviare un dialogo con la persona malata, per non spaventarla è bene segnalare in anticipo il proprio arrivo, magari dicendo il proprio nome, facendo rumore oppure toccandolo con delicatezza. Per creare una maggiore intimità, il consiglio è porsi di fronte alla persona, all’altezza degli occhi e a poca distanza, così da favorire la lettura del labiale e della mimica facciale. Una cosa alla volta – Uno dei primi segnali della malattia è proprio la difficoltà a svolgere due attività in contemporanea, anche quelle più semplici e automatizzate. Se si vuole tentare una conversazione con la persona affetta da Alzheimer, meglio evitare i momenti in cui sta svolgendo altre azioni, anche le più semplici come mangiare o bere un bicchier d’acqua. Vale anche per l’interlocutore, se mentre parla con il malato è impegnato anche in altre attività, rischia di distrarlo.

Accettare il bisogno di distanza – Il malato di Alzheimer sente spesso il bisogno di isolarsi, rifiutando di entrare in contatto con chiunque. È essenziale rispettare questi momenti, poiché l’interazione forzata, stressante e spiacevole lo porterà a chiudersi ancora di più. Lo stesso per l’interlocutore: se si è arrabbiati o di cattivo umore, è meglio rimandare il dialogo con il malato a un altro momento, per evitare di perdere la pazienza.

Non parlare del malato come se non fosse presente – La persona infatti potrebbe infatti avere un momento di lucidità o comunque cogliere il senso del discorso, dal tono o dalle parole, sentendosi di conseguenza ferito e umiliato. In generale, è sbagliatissimo trattare il malato come se fosse un bambino.

Comunica con il cuore _ Sembra banale, ma come sempre è fondamentale metterci il cuore. Cosa significa? Prima di tutto empatia: solo immedesimandosi nella condizione del malato, è possibile capire i suoi comportamenti, sentimenti ed emozioni.  Poi la capacità di trasmettere la propria serenità e il proprio affetto attraverso sorrisi, atteggiamenti e gesti: è essenziale, se interagiamo con una persona che ha perso o sta perdendo la capacità di decodificare le parole. (immagine tratta da https://social.shorthand.com)