I batteri che si mangiano lo “sporco” e restaurano in modo sostenibile

 

batteriI batteri protagonisti dei restauri anzi, di biorestauri, per le opere d’arte. La ribalta è stata quella del nuovo allestimento della Sala del Dio Fiume nella sede di Orsanmichele e i risultati dell’intervento di restauro alle Cappelle medicee in San Lorenzo, a Firenze, presso i Musei del Bargello, realizzati da Michelangelo Buonarroti: si è svolta il 6 marzo, un’occasione anche per festeggiarlo, visto che nacque ben 547 anni fa. Oltre che ad ammirare i capolavori, è da rilevare il tipo di restauro, realizzato appunto con i batteri, una pratica sperimentata in realtà già da qualche tempo e messa a punto da Anna Rosa Sprocati e Chiara Alisi, scienziate dell’Enea (l’agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile), in collaborazione con Donata Magrini, Barbara Salvadori e Silvia Vettori, ricercatrici dell’Istituto di Scienze del Patrimonio Culturale del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr-Ispc), sede di Firenze. I batteri-pulitori, utilizzati per eliminare depositi di diversa natura che ricoprivano i monumenti funebri di Lorenzo de’ Medici, duca d’Urbino, e di Giuliano de’ Medici, duca di Nemours, sono stati selezionati fra i 1.500 microorganismi della collezione Enea conservati nel Centro di Ricerche Casaccia, vicino Roma. Scienziate e ricercatrici, assieme alle restauratrici Marina Vincenti e Daniela Manna, sotto la direzione di Monica Bietti, in una squadra tutta al femminile, hanno restaurato le opere con microrganismi e altre sostanze naturali, in una condizione di basso impatto ambientale basata su un processo biotecnologico brevettato dall’Enea e reso possibile proprio grazie alla presenza, presso la Casaccia, di una speciale raccolta di microrganismi, funghi, alghe e virus  “restauratori”, già utilizzati con successo su materiali lapidei nei Giardini Vaticani.

Per selezionare i batteri “giusti” per i capolavori di Michelangelo, ha spiegato la ricercatrice Anna Rosa Sprocati, in una prima fase sono stati individuati 11 ceppi batterici in grado di rimuovere i depositi selettivamente, senza lasciare residui e nel rispetto del marmo originale. Successivamente ne sono stati distinti tre “con le migliori performance di biopulitura e, fra questi, un microrganismo isolato dal suolo di una miniera sarda contaminata da metalli pesanti, molto efficace nella pulitura dell’arca marmorea del duca d’Urbino gravemente danneggiata nel passato dai processi di decomposizione, che avevano rilasciato depositi scuri lungo tutto il basamento”, ha detto ancora l’esperta che con la collega Alisi si definisce “biologa-raccoglitrice di batteri spontanei, utili e innocui, che custodiamo in un ‘archivio’ Enea, vere fabbriche di enzimi e molecole per pulire opere d’arte, come questo capolavoro assoluto dell’arte italiana del Rinascimento che necessita di una tutela costante e di puntuali interventi di restauro, ma anche per applicazioni altrettanto importanti di risanamento ambientale.

I batteri pulitori all’opera

batteriSottolineano le esperte che prima di venire usati sul marmo, i ceppi di batteri sono stati “immobilizzati” in uno speciale gel in grado di conferire la giusta umidità e un’adeguata consistenza all’impacco e sono stati quindi applicati sulle sculture, dopo essere stati adeguatamente “affamati” in modo da rendere più efficace il trattamento di biopulitura oppure, secondo i casi, cresciuti su terreni studiati per potenziare le loro capacità specifiche. Gli “impacchi” hanno dato i loro frutti rimuovendo macchie e depositi estranei, senza lasciare residui, confermando”, sottolinea Chiara Alisi, “le caratteristiche necessarie per una pulitura corretta quali selettività, gradualità e rispetto del marmo, peraltro danneggiato da precedenti puliture troppo drastiche”. L’auspicio è ora che il restauro con i batteri effettuato nella Sagrestia Nuova di Michelangelo possa diventare un vero e proprio modello di restauro innovativo e sostenibile, un bell’esempio di prezioso mix tra storia dell’arte, tecniche di restauro, scienza e innovazione.