I platani di Villa Borghese, Roma

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Tutta la forza dei platani secolari

 

Dei tanti che popolavano la zona ne è rimasta oggi una sparuta rappresentanza, solo nove, ma la loro presenza e “prestanza” non passa certo inosservata: sono i platani orientali di Villa Borghese, sembra le piante più antiche di tutta Roma. Stanno qui dagli inizi del 1600, arrivati dai paesi orientali del Mediterraneo e piantati in loco da Domenico Savini di Montepulciano, il capo giardiniere del cardinale Scipione Caffarelli Borghese, che voleva creare un luogo superlativo, una “villa delle delizie”, dove passeggiare e “far vedere” la propria potenza.

Questi Platanus orientalis sono giganti verdi di grande impatto, alcuni apparentemente integri, altri scavati nel tronco, altri ancora privi di alcuni grossi rami ma hanno un valore biologico e storico senza eguali, anche perché si tratta di una specie oggi molto rara, originaria delle zone del Mediterraneo orientale e della Sicilia.

Nel corso dei secoli, la zona di Villa Borghese ha subito tante trasformazioni: tutta la parte che va da piazza di Siena fino alla Valle del Graziano, come un tempo si chiamava la Valle dei Platani, rientrava nella cosiddetta “pars rustica”, 40 ettari di estensione sugli 80 complessivi della villa, i cui confini si perdevano letteralmente nel paesaggio della campagna romana. Dove ora ci sono i platani, c’era una enorme peschiera, con tanto di isolette, ideale ricovero per anatre e uccelli vari. Riempita alla fine del 1700, l’acqua, dicono gli esperti, tende ancora ad affiorare dal terreno, il che è un gran beneficio per i nostri giganti, che anche in natura amano i terreni alluvionali attorno ai fiumi.

Ora, l’ex Valle del Graziano, l’ex Valle dei Platani, è conosciuta come la Valle dei cani, che possono gironzolare e correre alla grande in un paesaggio non così diverso dal Seicento.
E anche per noi umani è davvero notevole guardarsi attorno e godere ancora oggi delle fronde di questi alberi memoria del nostro passato. Speriamo che nonostante le loro sofferenze, il Comune ne tuteli non solo il loro valore botanico, ma “semplicemente” la loro essenza vitale.