Decodificato il dna dell’abete bianco: perché è importante

All’inizio della solita calda estate, è un po’ sfuggita una notizia scientifica che ora va riportata bene alla luce: la decodifica del dna dell’abete bianco. L’avvio è avvenuto dal patrimonio genetico di un albero di un bosco a Birmensdorf, in Svizzera. L’operazione ha visto unite le forze di un team internazionale e per l’Italia della Fondazione Edmund Mach, del Centro Agricoltura Alimenti Ambiente congiunto con UniTrento, e del’Istituto di bioscienze e biorisorse del Consiglio nazionale delle ricerche.

Decodificato il dna dell’abete bianco: perché è importante
Foto Cnr


I ricercatori, per completare il sequenziamento, hanno decodificato 18 miliardi di coppie di basi azotate, ossia dei singoli tasselli che compongono il dna dell’albero. Si tratta di una cifra sei volte superiore alle coppie di basi presenti nel genoma umano. Il risultato è avere acquisito tante informazioni sulle caratteristiche dei geni dell’albero. Perché questa notizia è così importante? Un genoma decodificato contribuisce a comprendere la diversità genetica all’interno della specie, utile ad esempio per scoprire quali alberi crescono meglio in un determinato sito piuttosto che in un altro. Una conoscenza immediata, possibile già nelle giovani piante, senza dovere aspettare che crescano. La conoscenza del dna è determinante negli ecosistemi alpini e appenninici, dove l’abete bianco è una specie chiave, fortemente minacciata dai cambiamenti climatici, in particolare dai significativi aumenti delle temperature e dello stress idrico. Ed è un albero dalla particolare storia genetica, che lo ha accompagnato tra cicli glaciali e interglaciali, con una probabile connessione trans-adriatica tra popolazioni del sud d’Italia e quelle della Penisola Balcanica. Un mix di peculiarità che lo rendono di una straordinaria valenza da un punto di vista conservazionistico visto che è riuscito ad adattarsi alle diverse crisi climatiche. Associandosi con altri alberi, ad esempio faggi e abete rosso, l’abete bianco può diventare determinante per boschi di un alto grado di resilienza, in associazioni più stabili per affrontare meglio eventi estremi come la tempesta Vaia e il suo elevato potere devastante che ha colpito soprattutto il Trentino. Tra l’altro, grazie alle sue radici profonde, riesce ad ancorarsi fortemente al terreno e resiste meglio di altre specie ai forti venti.