7.500 metri quadrati di giardini per quella che un tempo, sue notizie in tal senso si hanno a partire dal 1545, era una vera e propria azienda agricola, dedicata alla frutta, soprattutto. E’ Villa Sciarra, una delle più piccole di Roma, tra viale Trastevere e il Gianicolo.
E ora incanta con i suoi giardini: già, perché in realtà il parco che si dipana a varie altezze nell’area non è solo uno, ma moltiplica le sue atmosfere un po’ misteriose. Tutte con un trâit d’union: la generosa presenza di statue, molte delle quali in forma di ironici satiri. E’ una caratteristica di questo luogo, il frammezzare giardini di verde a quelli di roccia, che sbucano all’improvviso tra un albero di canfora o un glicine.
L’idea è stata di una coppia di americani, diplomatico lui, ereditiera lei, George Wurts e Henrietta Tower, che comprarono la proprietà dai Barberini Sciarra all’inizio del 1900. Quando il marito morì, la moglie la regalò al comune di Roma, a patto che diventasse un parco pubblico: era il 1930. E così è andata a finire, anche se ora le fontane di cui i giardini sono puntellati sono tristemente vuote e tanti personaggi di pietra hanno perso un pezzo di mano o di piede.
Proprio all’inizio, vicino all’entrata di via Calandrelli, c’è una statua commovente, una mamma con bimbo che le si arrampica addosso: che teneri! Peccato che le mamme contemporanee concedano alla loro prole il leggero permesso di usare una tale opera come appoggia-panni o borse (anche pesanti). Ma questa è un’altra storia…
Tra le curiosità, l’esedra arborea, in cui una scenografia di piante di alloro è come una quinta di teatro, dalle cui nicchie occhieggiano 12 statue ciascuna per ogni mese dell’anno. Davvero suggestivo. E la scalinata che porta sotto un pergolato di glicini e maggiociondoli nella parte alta del parco, termina in un chioschetto molto decorato, da cui ammirare la nuova Roma: è costruito proprio a ridosso di quelle mura gianicolensi che nel 1849 videro la battaglia all’arma bianca tra i repubblicani guidati da Garibaldi e i francesi. Anche questa, un’altra storia.
Là dove c’è l’ex casino Barberini, ornato da diversi tipi di figure rocciose, ora c’è l’Istituto Italiano di Studi Germanici. Ulteriore storia. E capita che, gironzolando tra le pareti verdi qua e là e tra i diversi camminamenti, si senta qualcuno che canti a squarciagola “Bandiera Gialla”, di vintage memoria, così senza limiti e solo con il piacere di farlo. Ad applaudirlo, le fronde mosse da un vento gentile.