Se si incontra un castello ad Ardea

Ardea e il suo castello

Castello di Ardea Castello di Ardea Castello di Ardea

Ebbene sì, Ardea, che è stata costruita su uno sperone di tufo e domina la vallata circostante fino al mare, aveva un castello.

Il suo nome era Sforza Cesarini (anzi, lo è tuttora, anche se la proprietà adesso è della Società Rutula Srl), alla cui famiglia arrivò nel 1564. Lo comprò Giuliano Cesarini da Marcantonio Colonna per qualcosa come 105 mila scudi. Ci furono interventi di ristrutturazione più volte, tutto per rendere e sicuro questo rettangolo irregolare stretto e abbarbicato sul tufo di cui si diceva prima. C’era pure una torretta cilindrica.

Oggi è un bel rudere, massiccio nonostante gravemente intaccato prima dall’incuria del tempo, poi dai bombardamenti della II guerra mondiale, successivamente dall’indifferenza degli amministratori locali e dall’ignoranza dei vandali che hanno portato via tutto quel che si poteva. E se non si poteva portare via, meglio rompere. Rimane un grosso portone ora di legno mangiucchiato, ma che, raccontano le cronache, era tutto decorato con cornice di tufo come quelle che disegnavano le finestre. All’interno, poche ma tutte una dentro l’altra le stanze, con soffitti ad arco tra loro, ampi camini e una scala elicoidale che saliva al secondo piano, da cui lo sguardo spaziava lontano, in ogni verso.

Attualmente la struttura dovrebbe essere recuperata dalla Fondazione Portus Onlus, perché tutti, ma proprio tutti, ritengono che Casa Sforza Cesarini debba tornare al suo splendore, magari per farne un punto museale. Bella idea però, ad oggi, il rudere è sempre più rudere anche se la sua presenza continua a farsi ‘sentire’. Nella parte anteriore, dove c’è quel che resta del portone monumentale, le auto hanno preso possesso ovunque. Le inferriate di plastica che avrebbero dovuto mantenere lontano i malintenzionati sono a terra e si può tranquillamente entrarci dentro, persino salire su quella particolare scala elicoidale che ne avrà viste, di storie, ma che dopo pochi gradini finisce contro un muro sbeccottato e ricoperto da erbe.
Gli ambienti sono davvero grandi, lasciano immaginare banchetti o semplici (si fa per dire) esistenze da signorotti di campagna, davanti a enormi camini che stanno ancora là. Sul retro dell’edificio c’era un bel giardino terrazzato sulla rocca di tufo e oggi c’è una folta presenza di malva che ha ricoperto con le sue foglie verdi e fresche ogni centimetro utile. Bello sì, ma chissà come doveva essere charmant quel giardino…
Secondo la leggenda, qui circola ancora il fantasma di Ludovico Colonna, assassinato per motivi ancora oscuri dal cognato Giovanni Andrea Colonna da Riofreddo il 14 ottobre 1436.
Probabilmente, in altri paesi una storia simile, legata a rovine che comunque sprizzano fascino da ogni mattone, avrebbe richiamato frotte di visitatori, amanti di misteri-storie-tradizioni-architetture. Da noi, invece, no.