Il palazzo che è quasi un quartiere: Brancaccio

Palazzo Brancaccio di Roma, multi-rivelazione

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Si entra in questo palazzo per visitare il troppo sconosciuto (ai più) Museo Nazionale d’Arte Orientale, dedicato a Giuseppe Tucci, orientalista, archeologo, tibetologo e buddhologo, cui si deve (anche) un’intensa attività di divulgazione su un mondo, quello orientale, allora lontanissimo (erano gli anni venti-trenta del secolo scorso), da ogni punto di vista.

Spettacolari collezioni in un “contenitore” che è esso stesso uno spettacolo. Il Palazzo Brancaccio (dal nome dei proprietari) è un enorme edificio risultato di più interventi a partire da una costruzione settecentesca, restaurata, in parte demolita, ampliata, fino a diventare un’enorme costruzione che assomiglia quasi a un piccolo quartiere, tra via Merulana e via dello Statuto.

Il progetto di trasformazione edilizia fu affidato a più architetti, a partire da Gaetano Koch dal 1879 al 1883, per passare poi a Luca Carimini dal 1886 al 1890, quindi a Rodolfo Buti e Carlo Sacconi che completarono i lavori dal 1893 al 1922.

Il Palazzo, oltre al Museo, conserva vari spazi per eventi, tra cui anche il teatro omonimo.

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L’insieme è massiccio, con un ingresso caratterizzato da grosse colonne di granito grigio e da un suggestivo ninfeo creato dal pittore romano Francesco Gai che decorò in maniera molto creativa gli interni. Infatti, passeggiando tra le teche degli oggetti conservati al museo, si passa per sale in cui ci si ferma molto volentieri tra certi abbellimenti che lasciano senza parole per la loro ricchezza.

Stucchi, dipinti, fregi, mix di materiali, dal velluto alle lamine metalliche alla ‘semplice’ pittura personalizzano angoli che coniugano un nuovo stile, tipico del fine ottocento. Vale a dire un insieme che è un ricorso alle tradizioni cinque-seicentesche coniugato con l’atmosfera parigina già datata del secondo Impero, con il neo rococo più austro-tedesco che francese, con la raffinatezza del tardo barocco piemontese e il fasto del barocco toscano e romano.
Gli ornamenti si sfiorano, si accarezzano, davvero lo sguardo non sa dove posarsi, poiché in ogni dove si ‘nasconde’ per poi rivelarsi per bene, l’incanto creativo dell’artista. Tra l’altro, nella sala 22, bordata di metallo verde, ci sono alberi di tutti i tipi 3d, davvero uno scenario indimenticabile.