I semi del futuro si coltivano in Sardegna

Sardegna: il futuro degli antichi semi

futuro degli antichi semi

 Si chiama ‘I semi del futuro’ ed è un progetto del Centro sperimentazione autosviluppo-Domus Amigas (www.domusamigas.it), organismi nati in Sardegna, decisi ad investire nel passato per garantire il futuro.

Il che si legge: ricoltivare i campi con miscugli di semi in modo da garantire raccolto e biodiversità, un po’ una parola d’ordine in una zona, quella del Sulcis-Iglesiente, in cui il cosiddetto grano Cappelli, ottenuto dal genetista Nazareno Strampelli circa un secolo fa, povero di glutine, è stato soppiantato negli anni settanta del secolo scorso dal grano duro Creso, varietà moderna di piccola taglia e molto produttiva.

Le associazioni di cui sopra hanno messo insieme più varietà di semi tradizionali, non solo sardi, dandoli da coltivare a diversi agricoltori, semi reperiti in tanti centri di ricerca e anche dalla collaborazione con aziende agricole fuori l’isola. Varietà diverse, in grado di avere differenti vantaggi di crescita in condizioni ambientali differenti. Così, accanto ai tradizionali grani sardi, i duri Trigu arrubiu e murru e il tenero Trigu cossu, sono stati seminati grani siciliani come il duro Timilìa, o Tumminìa. Sono stati seminati anche più grani teneri in miscela e mix di duri-teneri in varie percentuali.

Anche l’orzo ha seguito una sorte simile, seguendo i miscugli che il genetista Salvatore Ceccarelli ha predisposto nel 2008 in Siria, con 1.600 varietà provenienti da tutto il mondo, coltivato con successo in Molise.
Il bello dei miscugli, sostengono gli ideatori del progetto e i coltivatori, è che comunque si riesce sempre a raccogliere qualcosa e a conservare quel che rimane. Dunque gli agricoltori possono diventare essi stessi le nuove ‘banche dei semi’ facendone fabbriche di fruttificazione (e speranza).