Renato Colucci dell’Ismar spiega: “Il primo rilievo è stato acquisito usando un ‘ground penetrating radar’ (GPR) terrestre, una tecnologia non invasiva utilizzata in geofisica, basata sul segnale elettromagnetico riflesso e trasmesso dal terreno a seconda delle caratteristiche, creando sezioni dettagliate. Il secondo, invece, usando dati raccolti in volo con GPR da elicottero. In questo modo è stato possibile ricostruire due modelli 3D del ghiacciaio che hanno permesso di misurare con precisione non solo le caratteristiche interne e morfologiche, ma anche l’evoluzione recente nel corso del decennio, quantificato in termini volumetrici”. Il ghiacciaio della Marmolada ha subito nel tempo importanti variazioni strutturali, essendo un tempo massa glaciale unica, e ora frammentato e suddiviso in varie unità. Qua e là, in diversi monti, affiorano masse rocciose sottostanti, ovvero terreni carsici irregolari e costituiti da dossi e rilievi. Se il ghiaccio fonde gradualmente, le aree in rilievo affiorano, diventando fonti di calore interne al ghiacciaio stesso. Aggiunge ancora Colucci: “Questo aspetto, unito al cambio di albedo (la neve e il ghiaccio sono bianchi e riflettono molta radiazione solare, mentre la roccia, più scura, ne riflette di meno), sta ulteriormente minando la ‘salute’ della Marmolada accelerandone la già forte e rapida fusione”. Secondo i ricercatori, dunque, se il tasso di riduzione continuerà di pari passo come nel decennio analizzato, nel giro dei prossimi 25-30 anni (ma anche prima in caso di riscaldamento della temperatura a livello globale), il ghiacciaio sarà praticamente scomparso, lasciando il posto solo a piccole placche di ghiaccio e nevato, alimentate dalle valanghe e protette dall’ombra delle pareti rocciose più elevate, non più dotate di crepacci e di movimento.