Abbandonologia, scienza poetica

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Il tempo dell’abbandonologia

 

 

Un neologismo molto calzante, che si occupa di tante realtà di cui ha una discreta percentuale il nostro Belpaese: borghi abbandonati, paesi in rovina, luoghi di divertimento dismessi, quel che resta di stazioni, orti, giardini o negozi… tutto quello che una volta aveva una sua identità e ora è là, immobile e affascinante, a raccontarci storie di un tempo passato in cui c’era vita adesso finita chissà dove.

Insomma, ecco l’abbandonologia, una scienza poetica, come la descrive Carmen Pellegrino nel libro che le ha dedicato, “Cade la terra” (Giunti, € 14), non un saggio ma un romanzo la cui protagonista è Estella, ultima abitante di un paese abbandonato del sud, un paese di fantasia molto simile però a tanti altri magari entrati nell’occhio della cronaca per i loro incredibili dissesti idrogeologici, dove la superficie frana muovendosi come fosse una cascata di terra che porta via uomini e cose e lascia abitazioni martoriate.

Al di là della bella narrazione, alla scrittrice Carmen Pellegrino, classe 1977, si deve la caparbietà di aver valorizzato, per così dire, tanti luoghi abbandonati che ha studiato e censito collaborando (lei, laureata in giurisprudenza) con l’antropologo Vito Teti, esplorando centinaia di siti, in Italia e non.

Attratta da anni da quel senso di fragilità, da quel qualcosa che prima c’era e rimane “a pezzi”, in tutta la sua meravigliosa imperfezione, Carmen si è messa a gironzolare e a fotografare ruderi e rovine, di abitazioni, borghi, paesi interi, raccontandone il fascino e le storie, di solitudine ma non sempre, di uomini e donne ad essi collegati.
E così riporta il tutto in vita, una vita diversa, certo, eppure di grande realismo, tale da non passare inosservata.