Un americano a Roma, nel 1844

Anche nel 1844, la Roma che stupisce

Un americano a Roma

 “Un americano a Roma – La guida di un newyorkese nella città del 1844”, questo il titolo di una bella idea di intra moenia editore (€ 14.50) che trasporta in un altro mondo, in una capitale ancora non tale, in grado di incantare (anche allora) gli stranieri in visita.

Come l’autore, William M. Gillespie, che dopo la laurea in ingegneria si concede un biennio per gironzolare nella città eterna, raccontando le sue impressioni in questa guida molto consultata ai suoi tempi, lodata anche da A. E. Poe per la sua originalità.

Una città che inizia a descrivere con San Pietro, ovviamente, cercando di darne un racconto inusuale. Del resto, lo scrive lui stesso, “ogni visitatore di Roma percepisce una Roma diversa da quella del suo compagno”.

Poi, se ne gironzola, “in una notte serena all’inizio di dicembre” in quella che definisce la “piccola Broadway di Roma”, arrivando sotto il Campidoglio, “salendo una scalinata grandiosa, degna di essere ascesa da una processione trionfale”.

E davanti alla noia che per i suoi connazionali possono rappresentare le tante chiese da visitare, rammenta che “questi edifici costituiscono una larghissima porzione del cibo intellettuale del viaggiatore” e che “in Italia il genio eccelso dei migliori architetti, scultori e pittori le ha arricchite di opere d’arte”, ricordando inoltre che non sono ”granai spogli e di cattivo gusto come sono moltissimi luoghi di culto in America…” Quando passa per il Cimitero Protestante della Piramide, ne nota il “particolare interesse per uno straniero a Roma, perché, come notava Shelley, «potrebbe far innamorare della morte, pensare di essere sepolto in un luogo così ameno».

Ma qualunque sia l’interesse di chi arriva a Roma, ecco il suo commento: “Alcuni viaggiatori si interessano soprattutto delle antichità, altri della scultura e della pittura, altri ancora delle chiese e dei palazzi; ma tutti condividono una stessa passione e sanno apprezzare l’importanza di quello che ogni giorno bussa al loro stomaco sotto forma di pranzo”. E giù il racconto di alcuni piatti da provare…
La protagonista, lei, Roma, sembra quasi compiacersi di queste narrazioni, sicura che in fondo certe cose non cambiano mai e che i turisti continueranno a cercare il loro posto al sole in uno dei tavolini all’aperto delle trattorie romane, rinunciando (speriamo) a banchettare su scalinate e fontane.
L’impressione di questo testo? Certo, quella di un altro tempo e un’altra vita, ma potrebbe essere quasi una guida moderna, da leggere con curiosità. I posti di Roma, in fondo, sono sempre gli stessi, con un invito, cercare quelli raccontati da William l’americano e vedere quanto, come e se sono davvero cambiati.