Timidi profumi nel parco

Circeo, il parco tra (anche) eucalipti e ciclamini

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 Il parco è quello, meraviglioso in ogni stagione, del Circeo, ciò che resta come si sa della vegetazione indigena, scappata alle bonifiche delle paludi pontine. Era il 1934, e si riuscì a creare questa area protetta su cui si staglia il profilo della maga Circe, ops, del monte Circeo che qui chiamano “la bella signora”.

Una passeggiata nella selva è sempre un’esperienza che arricchisce oltre a corroborare corpo e spirito in uno scenario verde di grande appeal. Entrando dalla sede del parco a Sabaudia, dove c’è il museo naturalistico che racconta la storia del territorio (ma purtroppo rimane aperto nei giorni feriali fino alle 14.30: perché non si capisce…), uno dei sentieri porta fino al lago di Paola, una corona di acqua salmastra cinta dalle famose dune.

Il bosco è bello, intricato, molto fitto di alberi, alcuni caduti sugli altri a formare una specie di ‘grotte’ vegetali le cui pareti sono rami e rametti. La sensazione, in un silenzio talvolta assoluto ma soprattutto scosso da richiami di uccelli e fruscii, è quasi di timore: da un lato non si vuole disturbare, dall’altro si pensa a cosa di fiabescamente nascosto ci sia, tra tutto quel patchwork di radici e foglie. La fantasia tende a vibrarsi, immaginando occhi attenti sui passi e le azioni del visitatore: forse i numi degli alberi, folletti, spiritelli per ciascuno dei quali un’essenza vegetale è un mondo prezioso.

Fra i tronchi, tanti sono esili, la maggior parte no. E nella vegetazione mista del bosco primigenio, qua e là ci sono loro, gli esotici (una volta) eucalipti. Massicci con la loro corteccia maculata che quando diventa rugosa e ‘vecchia’, si stacca accartocciandosi e va a finire non solo sul suolo ma dove capita, su rami e tronchi delle altre presenze verdi. Quasi fossero panni stesi per tanto tempo al sole e un po’ rinsecchiti che un colpo di vento ha posizionato dove capita.
E poi, si sente un timido profumo, una scia dolce e leggera. A ridosso del terreno, lì dove l’intersezione strettissima delle presenze verdi lascia sprazzi aperti, eccoli: i ciclamini in crescita rapida, piccoli tappeti o gruppetti sparsi. Le foglie sono a cuore (si sono fatte strada tra quelle secche delle querce e quelle nuove nuove dell’edera), il colore delle corolle è della classica tonalità ciclamino: si tratta del Cyclamen repandum, anche detto panporcino, la varietà primaverile che si differenzia da quella autunnale per questa tinta più intensa e il profumo, appunto. Ed è una magia continua, riproposta dalla natura anno dopo anno, in repliche in cui il fastidio non c’è.