Terreni contaminati: il futuro nei fitorimedi

Fitorimedi per curare i terreni inquinati

pioppi fitorimedi

Terreni contaminati da materiali immessi dall’uomo: la Natura non riesce a smaltirli ma ci regala qualche suggerimento, indicandoci i fitorimedi. Ovvero curare il suolo con le piante.

Questo perché le tecniche di bonifica tradizionali, con lavaggi con solventi e trattamenti chimico-fisici risultano esse stesse molto invasive. Sono diversi gli istituti che si occupano di questo argomento, come gli esperti del Dipartimento di scienze bio-agroalimentari e dell’Ibimet, l’Istituto di biometeorologia, entrambi organismi del Cnr, il Consiglio Nazionale delle ricerche. I ricercatori puntano a interventi di ‘cura’ verdi per recuperare le aree colpite da inquinamento ma anche per ri-vegetare cave dismesse o discariche. In base alle necessità, i biorimedi sono diversi, a partire dalla fitodegradazione che, nel  caso di inquinanti organici, sfrutta il potere delle piante in grado di tollerarli, assorbirli, metabolizzarli, rendendoli meno tossici.

Si parla anche di fitoestrazione e fitostabilizzazione: questo in base alla concentrazione degli elementi inquinanti.

erba strorna fitorimedi

La prima prevede la rimozione dell’inquinante dal suolo attraverso piante che lo accumulano nelle parti aeree e che poi sono rimosse. Nei primi tempi si è pensato alla Thlaspi caerulescens, una pianticella dai fiori bianchi che si trova un po’ ovunque e che è conosciuta come ‘erba storna’.  Ed è una super accumulatrice di zinco e cadmio: però ha un tasso di crescita lento cioè assorbe gli inquinanti in tempi lunghi e solo di un tipo.

Poi ci si è rivolti verso specie arboree a rapida crescita che non sono iperaccumulatrici ma con le radici riescono ad arrivare negli strati più profondi del suolo dove in effetti vanno a finire molti inquinanti: pioppo e salice nelle loro diverse varietà, sono gli alberi identificati a questo scopo, consentono sia una rimozione degli inquinanti protratta nel tempo sia una notevole produzione di biomassa che può essere impiegata per la produzione di bioenergia. Tuttavia, i suoi vantaggi anche in questo caso sono lunghi, per cui la fitoestrazione si integra spesso con la fitostabilizzazione che cdovrebbe essere in grado di creare un ambiente in cui la mobilità degli inquinanti viene limitata e che contribuisce tra l’altro alla riduzione dell’erosione dei suoli ‘colpiti’.
I fitorimedi non sono risolutori di tutti i mali, bensì un laboratorio reale in continua evoluzione su come affrontare in green la contaminazione dei suoli.