Roma selvatica

Nel cuore selvatico di Roma

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Si intitola “Roma selvatica” (editori Laterza, € 16) e l’ha scritto Antonio Canu, ambientalista, presidente del WWF Oasi.

E’ un diario naturalistico, in cui il giornalista racconta gli altri protagonisti di Roma, clandestini, selvatici, inaspettati: flora e fauna che hanno deciso di vivere in alcune nicchie della città o che mostrano con esuberanza la loro presenza. Ecco alcuni brevi stralci dello scrittore (che abita nel nord della capitale, magari in luoghi diversi, a diversa latitudine, ci sono altri protagonisti…).

“Gli animali che invece vedo con meno frequenza sono i pipistrelli. Un tempo erano di casa, a far scorpacciate di insetti, vicino ai lampioni delle strade. Mi sarebbe piaciuto accoglierli nelle bat box da appendere sul terrazzo, ma ho dovuto rinunciare per le ferme obiezioni degli altri membri della mia famiglia.

“Il parco vicino casa, chiamato delle Sabine, è ciò che resta della campagna dopo la costruzione del nuovo quartiere. Mi limito a raccontare qualche aspetto naturalistico, anche se ci sarebbe molto da commentare su quale doveva essere il risultato di questa nuova urbanizzazione e sui rischi di perdere ulteriori spazi di verde.

“Del parco, frequento i viottoli e adoro i campi abbandonati. Qui si rifugiano le cosiddette specie infestanti, che regalano fioriture straordinarie. Bellissime e invernali quelle della camomilla, che dipingono di bianco i saliscendi erbosi, tanto da sembrare spruzzate di neve. Qui ho scoperto anche specie non comuni, se non rare, come il gittaione, uno dei tanti cosiddetti fiori di campo, di quelli che un tempo si trovavano nei campi di grano. Qui ho trovato, dietro una curva, un ciuffo di papaveri dai petali rosa, così delicati da nascondersi allo sguardo dei passanti. Al parco ho fatto incontri imprevisti con il cuculo (di sera, al tramonto), con stormi di gruccioni – gli uccelli più colorati della nostra fauna – che volavano in gruppo, magari pensando a future nidificazioni, con un bel biacco, che si muoveva sinuoso lungo un viale”.
E ancora: “L’ecosistema terrazzo dipende molto da come viene allestito. Non ho il cosiddetto pollice verde e le piante nei vasi si selezionano da sole, costituendo comunque una coltre vegetale dove trovano riparo o riposo insetti di vario genere. Un anno, tra le maglie vegetali, ha nidificato una coppia di cardellini. Un vero caso, anche perché la coppia si è dovuta adattare alla nostra presenza. Nei buchi della ringhiera fanno il nido le vespe e altre utilizzano le cannucce di un pendolo. Con i primi tepori si avvicina qualche farfalla, che a volte si posa per riscaldarsi al sole. Sul mio terrazzo si sono posate allegre cedronelle, eleganti macaoni, timide vanesse.
“Sulle ringhiere del terrazzo stazionano a volte i piccioni. A dire il vero questo avviene raramente: ho notato infatti che questi uccelli preferiscono occupare gli spazi dal quarto piano in su. Come se esistesse, invisibile, una barriera naturale. È capitato, però, che un paio di volte nidificassero tra i vuoti del balcone che guarda a nord. È avvenuto quando siamo stati fuori per tempi più lunghi del solito. E così abbiamo assistito al volo del giovane piccione”.