Ritornano gli indiani, insieme contro l’oleodotto

L’oleodotto: l’ultima guerra degli indiani

la rivolta dei sioux

I pellerossa, gli indiani come i Sioux Lakota sul piede di guerra: in North Dakota, a Cannonball, da due mesi gli eredi degli antichi abitatori di queste terre cercano di contrastare la costruzione di un gigantesco oleodotto, il Dapl (Dakota Access Pipeline).

Lo chiamano serpente nero, è programmato per attraversare per quattro stati, tra cui il North Dakota. Soprattutto, passerà sotto il fiume Missouri e diversi altri corsi d’acqua, mettendo a rischio gli ambienti e l’incolumità di milioni di persone, tra cui gli indigeni della nazione Hunkpapa Lakota di Standing Rock.

Il progetto dell’oleodotto vale qualcosa come 4 miliardi di dollari e gli esperti prevedono la produzione di 470mila barili di petrolio al giorno. Guadagni troppo ghiotti per permettere agli indiani di protestare. Loro lo stanno facendo pacificamente con diverse mobilitazioni, poiché continuano ad essere o almeno vogliono essere fortemente i difensori della loro Madre Terra. Ma ci sono cariche della polizia e arresti.

Le loro proteste hanno coinvolto diverse altre tribù, oltre ai Lakta Sioux anche Cheyenne, Arapaho, Crow, un grande raduno permanente come non si era più visto dai tempi della battaglia di Little Big Horn, nel 1876, quando un fronte unito sconfisse il Settimo Cavalleggeri del generale Custer.
Dopo i tanti appelli, si spera nell’intervento del presidente Obama.