Primati non umani a forte rischio estinzione

Stanno scomparendo i primati non umani

Primati a rischio

I nostri cugini più prossimi, i primati non umani, non se la passano niente affatto bene.

Lo sostiene e lo documenta una ricerca pubblicata sulla rivista Science Advance (“Impending extinction crisis of the world’s primates: Why primates matter, advances”, http://advances.sciencemag.org/), cui hanno partecipato anche due scienziati italiani del MUSE-Museo delle scienze di Trento, Francesco Rovero e Claudia Barelli.

Il lavoro dei 31 primatologi di ogni parte del mondo che hanno firmato lo studio non lascia dubbi: almeno il 60% delle specie di primani non umani potrebbe scomparire dalla faccia della terra, nel giro di una ventina di anni. E addirittura il 75% di essi è in fase di forte declino.

I problemi più grossi si registrano nei quattro paesi che ospitano i due terzi dei primati, cioè Brasile, Indonesia, Madagascar, Repubblica democratica del Congo. Per bloccare la tendenza vero l’estinzione praticamente di massa, secondo gli studiosi la comunità internazionale dovrebbe mettere in campo misure e risorse, sperando di invertirne il verso.

I motivi per cui i primati stanno scomparendo sono legati soprattutto al consumo del suolo degli habitat in cui essi vivono, per via dell’urbanizzazione, della produzione di legname, dell’apertura di miniere e per trovare sempre nuovi spazi all’agricoltura. Ma anche caccia e commercio sono molto praticati in queste zone dove i tassi di crescita della popolazione sono alti e la povertà notevole. Bisognerebbe, sottolineano i ricercatori, costruire economie basate sulla conservazione delle foreste e dei loro abitanti primati, evitando tra l’altro l’abbattimento di alberi pregiati. Qualche dato. Tra il 1985 e il 2007 l’orango di Sumatra ha perso il 60 per cento del suo habitat e il gibbone di Hainan è ridotto a meno di 30 esemplari.
Altre specie continuano a ridursi poiché i loro spazi diventano sempre più esigui: il lemure catta, il colobo rosso degli Udzungwa, il presbite dalla testa bianca, la scimmia dal naso camuso dello Yunnan e il gorilla di Grauer, testimoni anche loro della grande biodiversità del mondo cui non si dovrebbe rinunciare.