La città ‘normale’ grazie alle sue periferie

 Periferie? Il valore aggiunto della città

città normale con le periferie

La normalità di una città, può passare attraverso le sue periferie e renderla più bella, decisamente migliore?

E’ la domanda che si sono posti (e girano a noi) i curatori della mostra “Alla ricerca di una città normale. Il ruolo dei quartieri di iniziativa pubblica nell’espansione urbana degli ultimi 50 anni in Italia”. In esposizione (fino al 15 giungo da lunedì a domenica, 11-18, Archivio centrale dello Stato, piazzale degli archivi, Roma Eur), in un modo piuttosto accattivante, immagini, grafici, pannelli, documenti di ogni tipo (persino schizzi vergati su una banale pagina di un block notes a quadrucci), il disegno di un’Italia particolare, prendendo spunto dalle leggi per l’edilizia popolare a partire dal 1962.

Una geografia in cui interesse pubblico e progettazioni avanzate hanno cercato di unirsi, sviluppando progetti ad alta valenza di integrazione, di estetica e fruibilità per le classi meno abbienti. Troppo spesso, però, le buone intenzioni hanno dovuto ridimensionarsi, davanti a soluzioni abitative non portate esattamente a compimento come ideato, alla non interazione tra abitazioni e servizi, e poi via via, in diversi gradi, all’abbandono, al degrado, all’incuria.

Sono raccontati 60 casi di edilizia residenziale pubblica, selezionata alla presenza di un massimo di 5mila abitanti: nord, centro, sud, isole comprese, in cui la tipologia stessa delle case (ad esempio limitata a due-tre piani in aree nordiche) rispecchia il territorio in cui esse sono collocate, con la consapevolezza (tardiva) che i grandi agglomerati, i palazzoni enormi, proprio non sono l’ideale, per nessuno.
Tra le tante storie, quella del quartiere Incis di Decima, costruito tra il 1960 e il 1966 e uno dei primi esempi di edifici con pilastri, in soluzioni architettoniche fatte a posta per creare scorci prospettici ideali con il verde tutto intorno (a quel tempo, ce n’era un bel po’, qui). Per ritornare al passato in chiave moderna, il progetto “Abitare per” (curato da Open City Roma e in collaborazione con i cittadini) ha l’obiettivo di riqualificare le aree verdi, in particolare con la realizzazione di giardini senza irrigazione e a bassa manutenzione. Si tratta del BotanicalDryGarden, ovvero la selezione di piante messe a dimora con tecniche particolare per una gestione sostenibile del green, già sperimentato da Mates Piante di Orbetello. Da esportare e replicare in ogni area periferica un po’ acciaccata (anche da questo punto di vista).