700mila anni per la camminata di un bimbo preistorico

Un bimbo preistorico e la sua camminata di 700mila anni fa

Impronte di un bimb preistorico

Chissà com’era, questo bimbo preistorico che se ne camminava sui terreni dell’Etiopia di 700mila anni fa. Le sue orme sono state scoperte nell’area di Gombore II-2, sito che è parte di Melka Kunture, una località dell’alto bacino del fiume Awash, a 2mila metri di altitudine.

 Non è certo frequente ritrovare impronte umane più antichi di 300mila anni e così perfettamente datate, poiché conservate da una copertura di tufo vulcanico appunto di 700.000 anni fa.

La zona scavata corrisponde a un’area intensamente frequentata, ai margini di una piccola pozza d’acqua in cui probabilmente si abbeveravano, oltre agli ominidi, alcuni animali prossimi agli attuali gnu e gazzelle, nonché uccellini, equidi e suidi; anche gli ippopotami hanno lasciato tracce dei loro passaggi.

Le impronte delle varie specie si intersecano tra di loro e si sovrappongono a tratti a quelle degli esseri umani, individui in parte adulti e in parte di 1, 2 e 3 anni. In particolare uno di questi bambini in tenera età propriamente non camminava, ma era in piedi e si dondolava: la sua è l’impronta di un piede che ha calpestato ripetutamente il suolo, rimanendo appoggiato sui talloni, e ha lasciato impressa una serie di piccole dita (più di cinque) in parte sovrapposte dalla ripetizione del movimento.

Lo ha testimoniato in un suo articolo uscito sugli Scientific Reports di Nature a febbraio, Flavio Altamura, giovane dottore di ricerca (scopritore delle orme sotto il coordinamento di Margherita Mussi del Dipartimento di Scienze dell’antichità della Sapienza di Roma), che racconta come il sito rilevi anche una ampia serie di attività: scheggiatura della pietra (ossidiana e altre rocce vulcaniche) con la produzione di strumenti litici, e macellazione della carne di più ippopotami. C’erano dei carnivori, ma sono venuti solo dopo a cibarsi dei resti lasciati dagli ominidi.
I morsi dei carnivori sulle ossa si sovrappongono infatti alle tracce lasciate precedentemente dagli strumenti di pietra che avevano tagliato la carne. La ricostruzione è dei ricercatori della Sapienza Università Roma (immagine).