Non superare le dosi consigliate

Un po’ un colpo nello stomaco, questo libro dal titolo “Non superare le dosi consigliate” di Costanza Rizzacasa D’Orsogna, giornalista che tiene tra l’altro una rubrica su “7” del Corriere della Sera “anyBody-Ogni corpo vale”, in cui affronta ogni settimana di come ci sia una cultura ignorante e offensiva nei confronti di chi il corpo non ce l’ha bello come una/un modella/o e che quando va in giro magari la gente guarda con disprezzo. In questo “Non superare le dosi consigliate” (Guanda editore) parla di disturbi alimentari pesanti, violenti, ne fa un romanzo attraverso le parole della protagonista Matilde in cui c’è molto di se stessa. Non superare le dosi consigliateLei ama tantissimo il pane, e mangiare, in senso lato, ma la mamma, afflitta lei stessa da un rapporto assolutamente disarmonico con il cibo, le insegna che non si può andare oltre un certo limite: se si nutre troppo (un troppo molto molto relativo), basta prendere qualche lassativo per espellere con violenza dal corpo quel “plus” che non può depositarsi su fianchi, ventre, braccia, eccetera eccetera. Matilde quella madre l’ama tantissimo e comunque la prende come riferimento, e fa la stessa cosa: cibo-Dulcolax-cibo-Dulcolax, un ciclo continuo. E racconta di come dimagrisca e poi ingrassi più volte, come se quel grasso che la circonda la possa proteggere, alla guisa di una corazza, dal mondo esterno e dalle sue brutture, maggiori delle cose belle, tanto che sceglie di non uscire di casa per un po’ di anni: taglia i rapporti con tutti, anche con un lavoro tanto amato, perché con la sua ciccia non riesce neppure a entrare nel posto sull’aereo. In realtà quello che cerca è l’approvazione di una madre che pur amandola non riesce a esternare il suo affetto e certo contribuisce ad affossarla in quel suo stato mentale, mangiare mangiare mangiare e diventare inguardabile, infrequentabile. Scrive Matilde/Costanza a un certo punto in “Non superare le dosi consigliate”: “Sono stata una bambina grassa, un’adolescente grassa, sono una donna grassa. Ho mangiato per noia, per ansia, per dolore. Perché cos’è la fame se non un’emozione? Soprattutto, ho mangiato per sfida. Per vedere dove potevo arrivare a farmi schifo. A fare schifo, anche se degli altri a un certo punto non ti frega più”. Gli altri: a parte i genitori che la criticano ma in fondo le vogliono bene, ci sono estranei che si permettono di umiliarla pensando di fare un favore, perché si è obesi, per non dire ciccioni, grassi, palle di lardo. “Quando sei obesa, perfetti sconosciuti si sentono in dovere di fermarti per strada e dirti cosa dovresti fare e come dovresti essere. Come se noi grassi non ci sentissimo già di merda tutti i giorni, come se non lo sapessimo che non è salutare. Come se non sognassimo ogni giorno una via di uscita”. Roba forte, aspra. Chi è grasso non trova pietà. In “Non superare le dosi consigliate” Matilde fa riflettere sul fatto che “oggi battute sulla razza, l’orientamento sessuale e l’identità di genere sono condannate, ma quelle sui grassi, sulla donna grassa, sono ancora un’isola felice”. Verso la fine, Matilde si rivolge direttamente al lettore, tranquillizzandolo sul fatto che il libro non abbia fini educativi. Ricordando tuttavia che “anche se lo perdi, il peso ritorna, è una lotta costante, e se non lo riprendi continuerai comunque a vederti obesa. Grassa non è uno stato provvisorio ma un modo di essere e pensarti”. In “Non superare le dosi consigliate”, oltre la ciccia, i problemi alimentari, la solitudine, c’è comunque la presenza costante anche se spesso ingombrante della famiglia di Matilde, “disfunzionale e sgangherata” ma “bellissima”. E meno male che c’è, ne è convinta quando va in bagno dopo aver preso Dulcolax. “Sono seduta sulla tazza del bagno e penso. Che vorrei prendermi il mondo, e forse anche un panino”.