Nella pietra e nel sangue, sulle tracce di Pier delle Vigne

Davvero particolare questo libro dal titolo “Nella pietra e nel sangue”, edito da Baldini+Castoldi e scritto da Gabriele Dadati. Quando si arriva all’ultima pagina, si vorrebbe saperne di più del protagonista, quel Pier delle Vigne che nel 1200 fu collaboratore, notaio, giudice, addetto ai conti e ai bilanci, poeta e cantor cortese, ma soprattutto amico dell’imperatore Federico II. Nella pietra e nel sangue, Pier delle vigneSi rimane sospesi e anche un po’ male, per essere abbandonati in questa lettura avvincente. Ci si mette quasi nei panni attoniti dell’altro protagonista della storia, il dottorando Dario Arata, impegnato proprio a scoprire perché Pier delle Vigne, potentissimo al suo tempo, a un certo tempo fu accusato di tradimento dal suo sovrano-amico e addirittura accecato. Ma su cosa tradì, perché Federico non gli lasciò scampo, pur liberandolo e condannandolo tuttavia a una esistenza di ombre senza il conforto della vita “di prima”? E perché Pier delle Vigne si suicidò in modo cruento e spaventoso, lanciandosi contro le mura di una chiesa a Pisa spaccandosi il cranio? Sì, Dario Arata lo viene a capire proprio alla fine di queste pagine intrecciate tra passato e presente (e noi con lui), però a chi legge non basta, magari lo scrittore deciderà di proseguire nella sua tela narrativa con al centro Pier e Dario. Il primo affranto da questo segreto che se l’è portato nella tomba, il secondo impegnato a leggerne le esili orme. Il passare tra il lontano ieri e l’attuale oggi permette di mantenere alta l’attenzione e la suspense, perché qui c’è di mezzo un giallo storico che sbuca fuori nel divertissement letterario in cui si disegna la vita del ricercatore, il suo amore per la fidanzata di sempre, i traslochi della vita quotidiana, le ferie a Parigi dove Dario dovrà incontrare una super esperta (anche) di Pier delle Vigne che comunque sempre aleggia nel romanzo, sia nei capitoli che riportano al 1200 sia in quelli che tratteggiano pure le perplessità, la paure, le certezze e le incertezze di un dottorando dei nostri giorni, appassionato del suo lavoro pur precario, in balia degli umori di professori universitari. Quindi, ci sta molto bene abbandonare ogni tanto tra le righe le sue vicissitudini moderne e concentrarci sulle selve oscure (in ogni senso) percorse da Pier delle Vigne nei suoi momenti di splendore e in quelli di decadenza. E finiamo qui con una consapevolezza che ci racconta Dario: Pier delle Vigne in realtà si chiamava correttamente Pietro della Vigna, “visto che lui stesso si firmava Petrus de Vinea”. Una corruzione del nome avvenuta in epoca medievale. E per chi non se lo ricorda, l’incontro all’Inferno tra Dante e Pier, in una selva (eccola che ritorna) di arbusti con rami provvisti di spine. Su invito di Virgilio, il sommo poeta ne spezza un rametto da cui sgorgano sangue e lamenti: è Pier delle Vigne a parlare, trasformato in una pianta infelice perché suicida.