Malala: Siamo tutti profughi

Malala Yousafzai, premio Nobel per la pace, che quando era poco più di una bambina, nel suo paese, il Pakistan, fu gravemente ferita dai talebani che la consideravano simbolo degli infedeli e delle oscenità, solo perché impegnata nel diritto all’istruzione delle bambine e per i diritti civili, fa ancora sentire la sua voce. È uscito  il suo libro “Siamo tutti profughi” (Garzanti, 12,90 €), in cui racconta i suoi viaggi e gli incontri con le ragazze in fuga dalla guerra.

Malala: Siamo tutti profughi

Scrive Malala: “Resto sempre sconvolta quando vedo così tante persone dare per scontata la pace. Io sono grata ogni giorno di poterla vivere. Non per tutti è possibile. Milioni di uomini, donne e bambini vivono quotidianamente la guerra. La loro realtà è fatta di violenze, di case distrutte, di vite innocenti perdute. E la loro unica possibilità per sopravvivere è partire. È “scegliere” di diventare rifugiati. Non c’è alternativa”.

E così, ecco la storia di María che è dovuta scappare dal suo paese in Colombia insieme alla mamma nel cuore della notte, con il padre ucciso dai guerriglieri delle Farc. O di Zaynab che, nello Yemen, non ha frequentato la scuola per due anni a causa della guerra, prima di riuscire a scappare in America. Sua sorella Sabreen è sopravvissuta a un viaggio straziante verso l’Italia.

Malala Yousafzai rende onore alla realtà nascosta dietro le fredde statistiche, ai visi e alle vicende personali dietro le notizie che leggiamo quotidianamente sui milioni di rifugiati nel mondo.

Le visite ai campi profughi le hanno infatti dato modo di ripensare alla propria esperienza, prima di bambina rifugiata interna nel suo Pakistan, e oggi di attivista a cui è permesso di viaggiare ovunque tranne che per far ritorno nella patria che ama.

Questo libro è un mix di memorie personali e racconti collettivi, una riflessione che Malala fa incrociando la sua esperienza con quelle delle altre ragazze che ha incontrato in situazioni di grande disagio, costrette ad allontanarsi dalla propria casa, dalla propria comunità, dal proprio mondo, alla ricerca di un altro che le possa accogliere ma che, spesso, si presenta ostile, le allontana e non le accoglie. Se si diventa profughi, in un continuun di grandi migrazioni, crisi, guerre e conflitti, è una necessità, non certo un piacere o un modo per passare il tempo e trasferirsi in un altro luogo.

Degli attuali 68,5 milioni di profughi, Malala ricorda che la maggior parte è costituita da giovani, ciascuno con i propri sogni e le proprie speranze, cui bisogna riconoscere i diritti umani fondamentali, come quello di avere un posto sicuro da chiamare casa in cui vivere in pace.