L’Italia del Nuovo Cinema Paralitico

Nuovo Cinema Paralitico. Ovvero: un’Italia lenta, costellata da paesaggi straordinariamente solitari e bellissimi, angoli inesplorati, spiagge dove raccontare di traghetti pieni di turisti che lì proprio non si fermano (peggio per loro) concentrati a raggiungere le pazze folle (forse in tempi di non-coronavirus).

Italia Nuovo Cinema Paralitico
Un’auto in sosta dal colore brillante in uno spiazo vuoto e una statua insolita per “L’Italia dell’ultimo banco”, il primo episodio di Nuovo Cinema Paralitico

Il Nuovo Cinema Paralitico, è così, un’esplorazione davvero particolare, tra quei luoghi che “non sanno di essere belli”, come dice il poeta Franco Arminio. Insieme al regista Davide Ferrario ha realizzato per corriere.it una serie di episodi in cui sembra non succedere nulla e dove lo sguardo della telecamera si sofferma su una piazza vuota a parte una panchina forse arrugginita, su un litorale inondato di pace, su una statua che ospita un gruppo di piccioni viandanti, su un’insegna di un posto, Ceregnano, che ha scritto bene “paese della felicità”… quale? Ma forse quella delle signore ageé intervistate che non sanno cosa rispondere (“bisogna chiedere all’assessore…”) per poi affermare (o così ci piace crederlo) “Beh, noi siamo pensionate…”, e allora sì, allora sì che si può parlare di felicità o di qualcosa che le assomigli, in questi tempi bui di non-lavoro… E poi, che dire della faccia del venditore di delizie calabre la cui bancarella è il retro della macchina, piena fino all’inverosimile di barattoli e altro-ben-di-Dio, che ascolta un po’ perplesso i versi che omaggiano i contadini di tutto il mondo, fermo sul ciglio di una delle tante nostre strade: davvero fantastico. Piccole storie unite da brevi scatti che riescono a cogliere la bellezza anche se pare non esserci. Dice sempre Arminio: “Io guardo ogni cosa come se fosse bella e se non lo è, vuol dire che devo guardare meglio”. Ecco questo è il sunto di tali corte istantanee di un’Italia “non riuscita, l’Italia dell’ultimo banco”, proprio come è il titolo del primo episodio. Poi, di questa Italia da Nuovo Cinema Paralitico, ce ne sono altri otto, in uscita il 14 marzo (piazze), il 21 marzo (alberi e campagne), il 28 marzo (paesi), il 4 aprile (teatri), l’11 aprile (luoghi sacri), il 18 aprile (periferie), il 25 aprile (luoghi rotti), il 2 maggio (acque). Ma come è accaduto che il non bello improvvisamente si scopre che bello lo è, eccome? In pratica è il credo di Arminio che racconta: “Io vado poco al cinema. E credo di non aver visto più di cinque film alla tv in tutta la mia vita. Non ho mai amato il cinema di finzione e lo amo sempre di meno. Prima era più che altro un fatto fisico: l’allergia al cinema era legata alla mia incapacità di stare seduto per tempi lunghi. L’unica posizione seduta che amo è quella con la faccia al sole su una panchina. Ed è a questa postura che penso quando penso al cinema paralitico”. Piccole scene in piccoli luoghi marginali… frammenti di un affresco che è andato perduto. “Dove c’era una vita misera ma fitta, ora puoi vedere cose singole, spaiate, un poco meste”. Con un occhio alla “desolazione… che a volte diventa beatitudine”.

E ancora: guardare i luoghi ci distrae un poco da quel luogo spesso sopravvalutato che è la nostra testa… Nuovo cinema paralitico è l’idea di un cinema che non si traveste da capolavoro, che non usa additivi, eccipienti. Dobbiamo rieducarci a una vita meno concitata, meno bulimica. E quella che sta accadendo in questi giorni è una sorta di paralisi provvisoria: ci potrebbe far bene se sappiamo farne buon uso”. E Davide Ferrario, l’altro complice di questa Italia da Nuovo Cinema Paralitico, si rivela del tutto d’accordo con questi concetti, dicendo ad esempio: “Il cinema come linguaggio è troppo interessante per riempirlo solo con storie hollywoodiane. Perché non accendere la macchina da presa sulla realtà più quotidiana per scoprire se, anche nelle cose più ovvie, davvero “non succede nulla”?” E ci spiega che il progetto “Nuovo Cinema Paralitico” prende la forma di un viaggio fatto di episodi lunghi al massimo due minuti ciascuno. “Troupe minima, si gira su un percorso di massima, lontano dai grandi centri, tenendo gli occhi aperti e guardandoci intorno, pronti a qualsiasi digressione. E tanto meglio se ci perdiamo. Certe volte semplicemente accendiamo la macchina e aspettiamo che succeda qualcosa; qualche volta Franco entra in campo a leggere una poesia o a interagire con qualcuno; altre volte le poesie sono lette fuori campo. Cerchiamo una forma di bellezza storta, nascosta nelle pieghe del normale. E, devo dire, quasi sempre la troviamo. Salta fuori dove meno te l’aspetti”.

Gli episodi girati sono 100, quelli che non li vediamo su corriere.it andranno a formare un film, rivela Ferrario, che uscirà tra qualche mese. Attendiamo con ansia.