Farina e pane dagli abeti caduti per il maltempo

Farina dalla corteccia degli abeti, rossi e bianchi, caduti giù dai versanti delle montagne durante l’ultima ondata di maltempo, tra ottobre e novembre passati. Una devastazione che ha dato un bruttissimo volto ai nostri monti. Ed ecco allora l’idea dello chef  friulano Stefano Basello, classe 1974, del ristorante “Il Fogolar” che si trova nel Best Western Plus Hotel Là di Moret a Udine. In particolare, sono stati utilizzati gli alberi della zona tra Carnia e Sappada, un po’ Friuli e un po’ Veneto, un modo anche per continuare a non abbassare l’attenzione su questi boschi distrutti, oltre un milione di metri cubi di legname è rimasto a terra. E ci vorranno decenni per riportare il verde nei tanti versanti delle Alpi rimasti spogli. Lo chef, dopo aver ottenuto i dovuti permessi, si è messo all’opera nel cercare e recuperare le cortecce idonee, trattandole in modo opportuno per renderle commestibili e dunque trasformarle in farina buona per deliziose pagnotte, dal profumo “che sa” di bosco. La farina naturalmente non è tutta di corteccia, ma ne rappresenta circa il 20% dell’impasto totale. Per Basello, in realtà, l’ispirazione è quella della tradizione che da sempre guida le sue ricette. Infatti nel passato, quando il mangiare era davvero poco, o meglio le farine “buone” erano destinate alle tavole dei più ricchi, i contadini e i montanari si ingegnavano, ricavando il necessario per i loro pani sminuzzando cortecce e anche radici.Farina e pane dagli abeti caduti per il maltempo E già da tempo alcune pietanze dello chef hanno il “sapore” selvaggio dei boschi, visto che usa erbe selvatiche, licheni, gemme di pino… Una “attitudine” che si è consolidata in lui anche dopo aver seguito i corsi di foraging tenuti da Valeria Margherita Mosca che nel suo Wood*ing – wild food lab ricerca e sperimenta proprio il cibo selvatico, buono per la nutrizione umana, proprio come facevano i nostri antenati. Ora con la farina-corteccia di abete, il cui profumo migra nel pane del ristorante El Fogolar, si omaggia ai boschi cercando di non perderne la memoria e con la speranza di interventi rapidi per rimboscare e stare attenti ai cambiamenti climatici. Nelle zone alpine, infatti, dove da decenni si piantavano soprattutto abeti (più preziosi rispetto agli altri dal punto di vista economico), si sta forse capendo che è meglio piantare alberi di vario tipo, qualità, altezza, resistenza, come faceva la Natura, prima dello stolto intervento umano. (foto lagazzettadelgusto.it)