Antropocene, gli scienziati a caccia di segnali

antropoceneSe ne parla da tempo, ma è nelle prossime settimane che un gruppo di scienziati internazionali identificherà in modo ufficiale il luogo (o i luoghi) in grado di dimostrare effettivamente che l’Antropocene, nuova epoca geologica, esiste. Alcuni parlano di era, periodo di tempo geologico molto più lungo rispetto a un’epoca o periodo geologico, tale da determinare in maniera evidente una grossa fase di mutamento che, causa esseri umani, abbia alterato la superficie del nostro pianeta. Nel dettaglio, il termine Antropocene è stato coniato proprio perché caratterizzato dall’impatto dell’uomo sulle dinamiche dell’evoluzione terrestre: per la prima volta ne ha parlato attorno agli anni ottanta del secolo scorso il biologo americano Eugene F. Stoemer, un’idea poi ripresa e rilanciata all’inizio del 2000 dal premio Nobel per la chimica 1995, l’olandese Paul Crutzen. È del 2008 invece l’avvio del gruppo di ricerca sull’Antropocene (Working Grooup on the Anthropocene) che nel 2016 ha addirittura fissato la data di inizio del nuovo periodo geologico, una specifica unità crono-stratigrafica: prende il via alla fine della seconda guerra mondiale, quando l’umanità si impegna in maniera rovinosa a un intenso sviluppo industriale e di urbanizzazione che trasforma per sempre il pianeta. Quella che gli scienziati definiscono the Great Acceleration, la grande accelerazione umana. L’Antropocene segue l’Olocene, l’ultimo periodo del Quaternario (e l’ultima era, finora), in cui l’uomo ha fatto la sua comparsa. L’Olocene, in particolare, iniziato circa 11mila anni fa, vede tra l’altro la scomparsa dei grandi carnivori, l’avvio dell’agricoltura e la costruzione dei primi villaggi, prima i nostri antenati erano nomadi, cacciatori e raccoglitori.

Lo sforzo dei ricercatori è dunque adesso quello di individuare i siti della Terra in cui si conferma come l’uomo abbia alterato il nostro pianeta, non solo dal punto di vista del paesaggio, ma anche per la presenza di ceneri derivanti dalla combustione di carbonio e carburanti e la presenza di isotopi (atomi che si differenziano solo per il numero di neutroni) di plutonio, dovuti ai test nucleari, nonché di microplastiche e metalli pesanti. Nove i siti candidati a confermare l’Antropocene. Alcuni sono in fondo al mare, uno al centro del Mar Baltico, tra Svezia e Paesi Baltici, un altro nella baia giapponese di Beppu (è qui che si presentano spessi strati di fango scuro anche con ceneri, microplastiche e pesticidi, nettamente separati da quelli sottostanti molto più chiari. Ulteriori luoghi sono le barriere coralline di West Flower Garden Bank, nel Golfo del Messico, e di Flinders Reef, in Australia, dove gli scheletri dei coralli conservano bande di crescita ben visibili che testimoniano i cambiamenti ambientali, come aumento dell’utilizzo di combustibili fossili e riscaldamento del mare. Testimonianza delle emissioni industriali e dell’utilizzo massiccio di combustibili fossili nonché di metalli pesanti e pesticidi ci sono anche all’interno di laghi, il Crawford in Canada, quello Sihailongwan in Cina e quello di Searsville negli Stati Uniti. Altri forti sospetti dell’avvio dell’Antropocene potrebbero trovarsi nelle tracce negative umane nel ghiaccio estratto in una delle isole dell’Arcipelago di Palmer. Lì dovrebbe essere nascosta ma non troppo la fine dell’Olocene. Foto da Pixabay.