Alla scoperta delle borgate di Roma

Borgate di Roma: ma quali sono esattamente, e che differenza c’è, ad esempio, con la definizione di “periferie”?Borgate di Roma È una domanda che, come si dice, sorge spontanea, leggendo il libro di Irene Ranaldi, sociologa e presidente di “Ottavo Colle”, associazione che promuove il turismo locale nei quartieri. Si chiama “Passeggiando nella periferia romana – La nascita delle borgate storiche”, Iacobelli Editore.

E già, perché Roma è davvero enorme, ormai, con quei quartieri lontani dal centro storico, che per raggiungerlo, da lì, è come compiere un viaggio “vero”, in termini di tempo, spostamento, persino “cultura” e modi di vita, mondi diversi, a portata (difficile) di bus, tram, metro.

Il libro è dunque occasione per capire che il termine “borgata” è usato per la prima volta nel piano regolatore di Roma del 1931 da Marcello Piacentini, archistar durante il fascismo e identificate come tali tra gli edifici costruiti fino al 1937, spesso di scarsa qualità. E si viene a sapere così che le borgate ufficiali romane sono 12: San Basilio, Trullo, Tor Marancia, Primavalle, Acilia, Prenestino, Tiburtino III, Pietralata, Tufello, Val Melaina, Gordiani, Torre Gaia.

Allora, attraverso queste pagine, si vengono a conoscere tanti angoli della Capitale, non meno ricchi di fascino e storia di altri più blasonati e noti. Viene da chiedersi se tali luoghi non baricentrici siano più appetibili del centro stesso, senza più residenti (ormai poco più di 100 mila abitanti nei 22 rioni storici all’interno delle Mura Aureliane), ricco di piadinerie, pinserie (la “vera” pizza romana, dicono, ma quella bianca fragrante di forno ideale da sola o in compagnia della mortazza, cioè mortadella… che cosa è o forse era?) e altro non bene identificato.

Ben venga dunque una guida particolare, in cui si parla di turismo delle periferie, con percorsi degni di nota, anche (o forse proprio per questo) lontani dal centro.Insomma scoperta, certo, di tanti mosaici diversi che tutti insieme costituiscono un’unica città, Roma.

A proposito. Il libro inizia con questa dedica: “A tutte le persone che amano questa Roma approssimativa, sgangherata e senza confini, dove però da ogni buca nascono infiniti racconti”. E termina con alcune frasi di “Sempre”, una delle canzoni di una grande romana, Gabriella Ferri. Parole che, come scrive l’autrice nell’ultima pagina, “intendono mettere il punto sul valore delle storie delle persone che abitano le città e fanno delle strade, la storia di noi tutti: “Ognuno è un cantastoria, tante facce nella memoria, tanto di tutto tanto di niente, le parole di tanta gente. Tanto buio tanto colore, tanta noia tanto amore, tante sciocchezze tante passioni, tanto silenzio tante canzoni”.