21 settembre: giornata mondiale della malattia di Alzheimer

Giornata mondiale della malattia di Alzheimer: qualche speranza

Giornata mondiale dell'Alzheimer

La malattia di Alzheimer trasforma pesantemente la vita di chi ne soffre e delle loro persone care. Nel mondo si stima che a soffrirne siano oltre 44 milioni. Una vera e propria sfida per i malati, i familiari, la ricerca, la società tutta.

Ogni anno, il 21 settembre si celebra la Giornata Mondiale della Malattia di Alzheimer che in Italia fa registrare circa un milione di casi.

Che cosa si può fare per contrastarla? Non si può guarire ma si può curare, fermandone il decorso con farmaci specifici. Intanto si cercano trattamenti che possano aumentarne l’efficacia, per opporsi al deterioramento delle cellule cerebrali nell’ippocampo, quella parte del cervello associata a memoria e apprendimento, le prime ad essere danneggiate nella malattia di Alzheimer, alla cui c’è l’accumulo progressivo nel cervello della proteina chiamata beta-amiloide. Ciò distrugge le cellule nervose ed i loro collegamenti. Non sono solo la memoria e i ricordi a perdere i contorni ma mano a mano anche il linguaggio perde colpi e la capacità di orientamento, nel tempo e nello spazio. Deficit che si legano poi a depressione, incontinenza emotiva, agitazione, vagabondaggio.

Senza risultati tangibili, lo scorso anno sono stati interrotti alcuni studi promettenti su nuove terapie per l’Alzheimer, con il risultato che diverse case farmaceutiche hanno disinvestito nella ricerca, gettando nello sconcerto familiari e la stessa comunità scientifica.

Ma non tutto è fermo. Carlo Ferrarese, Presidente Sindem, associazione autonoma aderente alla Sin (società italiana di neurologia) per le demenze, ricorda l’importanza di certi farmaci la cui efficacia, se fallita nelle fasi conclamate della demenza, possono agire “nelle fasi iniziali di declino di memoria, quelle chiamate declino cognitivo lieve o Mild Cognitive Imparment (MCI). Gli stessi farmaci potrebbero rallentare la progressione verso la demenza conclamata, perché si sono dimostrati efficaci nel bloccare i meccanismi biologici della malattia”.

Intanto, in attesa di buone notizie, altre terapie sperimentali sono in atto con l’obiettivo di ridurre la probabilità di ammalarsi in soggetti anziani normali o che presentano iniziali sintomi di decadimento cognitivo.
Adottare stili di vita adeguati (no alla vita sedentaria, contrasto al diabete e all’obesità, alimentazione ricca di sostanze antiossidanti come la dieta mediterranea) e tenere sotto controllo le patologie vascolari può già oggi essere consigliato come la migliore strategia per ridurre il rischio di demenza.
E recenti studi sperimentali su modelli animali, inoltre, hanno avvalorato l’ipotesi che l’attività fisica in particolare, sia in grado di favorire la produzione di nuove cellule cerebrali, sostituendo quelle degenerate attraverso la produzione di fattori neurotrofici. (foto Pixabay)