L’arte di perdere tempo

Tempo: perderlo è un’arte

L'arte di perdere tempo

 L’arte di perdere tempo: ecco il titolo del libro di Patrick Manoukian (Ediciclo, 8.50 euro) di cui si parlerà domenica 10 settembre al Festivaletturatura di Mantova (ore 11, Tenda Sordello).

È un piccolo grande testo che insegna a guardare al viaggio con una prospettiva in grado di invitare alla scoperta e alla meraviglia, anche (e soprattutto) se non previste. E l’autore lo fa con un passo leggero, introducendoci alla sottile arte (appunto) della nonchalance: abbandonarsi al viaggio, abbracciando deviazioni e disavventure (non vedendole come tali ma come vere e proprie opportunità), riconquistando il proprio tempo.

Tutta un’altra visione in un’epoca di viaggi sempre più brevi, organizzati giorno per giorno, magari fatti solo perché sono “di moda” o “di tendenza”. E invece, perdere tempo in viaggio ci dà la possibilità di interrogarsi su che cosa significhi svelare altri paesi e altre culture, davvero, non in “tutta velocità”.

Il viaggio può, attraverso la complessità delle sue tappe – imprevisti, soste forzate, incontri inattesi o insperati – stabilire una relazione differente con il tempo. Spesso sono gli interstizi del programma che, come parentesi preziose, ne rappresentano il cuore. Se il cammino vale più della destinazione, la tappa vale di più dello spostamento, e a volte il tempo perduto a un tavolino, su un divano, in una terrazza o per una deviazione, segnerà il viaggio più che un monumento o un panorama tanto osannato.
Con “L’arte di perdere tempo”, insomma, siamo invitati a una sorta di elogio della lentezza e della nonchalance, per scoprire con l’autore, viaggiatore di lungo corso, dall’eruzione dell’Eldfell in Islanda alle bische di Mato Grosso, da una prigione in Perù all’Extrême- Orient-Express, tutto il sapore del “tempo ritrovato”.