Ecovillaggi: nuovi modi di vivere

Che cosa sono gli ecovillaggi

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Tra le realtà di chi cerca nuove forme di vita, ci sono i villaggi ecologici, con l’obiettivo di raggiungere un equilibrio tra attività umane e rispetto dell’ambiente. Per saperne di più, abbiamo girato alcune domande a Francesca Guidotti, presidente di Rive, Rete italiana Villaggi Ecologici, autrice del libro “Ecovillaggi e cohousing” (Terra Nuova Edizioni, € 13).

Cosa è Rive? 

Un’associazione di volontariato onlus, fondata ufficialmente nel 2008, ma già dal 1996 i fondatori si riunivano per condividere la loro esperienza. Questo infatti è la Rive: un incontro tra ecovillaggi (comunità intenzionali ecosostenibili) presenti sul territorio nazionale, caratterizzati dalla diversità di stile ed espressione ma tutti accomunati dalla prospettiva ecologica attraverso la quale ognuno compie una scelta di vita, una scelta culturale. Secondo il nostro Statuto il primo obiettivo dell’associazione è creare momenti di condivisione delle esperienze, dalle difficoltà che si verificano nelle comunità a competenze tecniche e tecnologiche, oltre a sperimentare insieme tecniche di comunicazione, costruzione di comunità e trasformazione del conflitto. Il secondo obiettivo è diffondere questo modello di vita affinché le best practise sperimentate, influenzino positivamente la nostra società. Negli ultimi anni, hanno cominciato a partecipare alla vita associativa Rive anche tanti progetti e singoli soci sostenitori. Questo perché la Rive propone un cambiamento di paradigma totale, una nuova filosofia pratica, sperimentata e facilmente attuabile, che punta a migliorare la qualità della vita delle persone, nel rispetto della Terra e delle sue creature.

Da quanto tempo esistono i villaggi ecologici in Italia? I primi ecovillaggi sono state comunità spirituali o le Comuni degli anni ’70. Tra le realtà più longeve: La Comune di Bagnaia (Siena) e La federazione di comunità di Damanhur (Ivrea) del 1979, il Popolo degli Elfi (Pistoia) del 1980, il Villaggio verde (Novara) del 1982.

Cos’è un villaggio ecologico? Filosoficamente parlando, l’ecovillaggio è un laboratorio a cielo aperto, un “percorso verso”, una sperimentazione attiva nella partecipazione, nella crescita interiore (finalizzata al benessere e alla realizzazione dell’individuo) e nella ricerca ecologica. Proviamo ad immaginare un borgo, un casale, abitato da 15 – 25 persone, di cui una parte svolge lavori in loco come artigianato, agricoltura, libero professionista, lavoro telematico. Altri membri del gruppo lavorano fuori il villaggio in base ai propri interessi e capacità come insegnanti, operatori olistici, lavori stagionali, dipendenti statali, operatori sociali e così via. Spesso una parte consistente di energia viene dedicata all’agricoltura, poiché l’ecovillaggio ricerca il massimo dell’autosussistenza alimentare, ma non è il focus centrale di ogni esperienza.

Tutti fanno di tutto? Nel lavoro, finché è possibile, il gruppo crea le condizioni per valorizzare le passioni e le inclinazioni personali di ognuno. A volte si lavora in gruppi, a volte c’è bisogno del supporto di tutta la comunità, a volte si lavora da soli. Dipende dal tipo di attività svolta e le sue finalità. Esempio: in un ecovillaggio con azienda agricola, saranno i lavoratori dell’azienda a mandarla avanti; nei momenti di grandi raccolti arriva in aiuto la comunità; quando un agricoltore va in vacanza o è assente, può contare sulla presenza degli altri. Ogni membro svolge più funzioni all’interno della comunità: spesso si fanno i turni per cucinare, pulire, fare manutenzione; va da sé che, se una persona è particolarmente competente su qualcosa, viene interpellata più degli altri. La comunità fa ricchezza delle proprie competenze e capacità interne, con l’auspicio di un passaggio di informazioni tra membri, che permette anche una certa dinamicità tra i ruoli.

Come è l’organizzazione? Ha sempre origine dall’assemblea degli abitanti. Solitamente le comunità svolgono riunione una volta o due la settimana. Ogni decisione importante, “politica”, che può incidere sulla vita dei membri e/o della comunità, viene presa insieme. Nella maggior parte dei casi si mira a raggiungere il Consenso (metodo che ha sue regole e principi), in alcuni casi è possibile che decida un piccolo gruppo o una persona per se stessa. Le decisioni che riguardano tutto il gruppo come l’economia, i grandi eventi, l’entrata/uscita di un membro, modifiche strutturali di documenti (Statuto, Accordi di base) o del territorio sono prese dal cerchio in assemblea. A turno, un membro della comunità o una persona esterna svolge il ruolo di Facilitatore, ovvero una figura “neutrale” che aiuta il gruppo a mantenere il focus del discorso, far emergere tutte le informazioni necessarie per prendere quella decisione e si assicura che sia chiaro “chi fa cosa, come e quando”.

IMG_3718 La comune di Bagnaia (SI)

Il lato economico: come viene gestito? Anche le tipologie economiche variano di comunità in comunità in base agli accordi presi fra i membri. In generale emergono due principali tendenze: la prima è la totale condivisione dei beni. Tutti gli stipendi entrano nella cassa comune e l’ecovillaggio paga tutto ciò che, giustificatamente, serve ai propri membri: il cibo, le tasse, la scuola, materiali per lo studio, il pc, strumenti di lavoro, sanità, visite mediche specialistiche, trasporti, bollette, assicurazione, …. e una piccola somma forfettaria copre le spese dei “vizi”. A La Comune di Bagnaia, per esempio, ogni membro ha diritto ad un mese di ferie all’anno e al “viaggio della vita” (un viaggio molto lungo e/o lontano) pagato dalla comunità. Alla Città della Luce (Ancona), se vuoi realizzare un progetto, lo presenti con la richiesta di un budget giustificato alla comunità che, se ne valuta la fattibilità, si accolla tutte le spese per realizzarlo. La gestione economicha che va per la maggiore però è la seconda modalità di condivisione, mista: il gruppo definisce l’ammontare della quota pro capite che ogni membro deve mettere in cassa comune, il restante è del privato. Normalmente la cassa della comunità copre le spese alimentari, le spese di manutenzione degli immobili (almeno le parti in comune), le bollette, le tasse e i mezzi di trasporto.

A chi (e come) si vendono i prodotti? Normalmente i prodotti agricoli sono venduti nei mercati locali, ai Gruppi di Acquisto Solidale – GAS oppure a un giro di amici e clienti affezionati che si recano direttamente in azienda. Tra ecovillaggi e/o soci Rive, dove c’è una conoscenza diretta tra persone scambiamo i prodotti tra loro o prodotto con competenza. Per il “mercato tradizionale” i prodotti vengono manipolati e confezionati secondo la normativa ed alcuni hanno il marchio biologico. Ma tra conoscenti (talvolta anche con membri GAS) più di ogni altra cosa vale l’autocertificazione, dove il produttore garantisce di aver seguito con attenzione tutta la filiera, dal proprio campo al prodotto finito, e la salubrità è garantita dalla relazione tra chi vende e chi acquista. La certificazione del prodotto è la conoscenza reciproca.

La vivibilità: i nuclei familiari hanno loro spazi precisi? I bambini, gli adolescenti: vanno regolarmente a scuola o per loro sono previste lezioni private all’interno delle strutture? La modalità più diffusa è che ogni nucleo familiare ha il suo appartamento con i servizi essenziali. Nei casi di condivisione totale viene contata una stanza a testa, compresi i bambini. La famiglia deve avere il suo spazio di intimità nella comunità, senza però isolarsi. Ma più che di spazi esteriori, strutturali, è meglio spostare l’attenzione agli spazi interiori. Se liberi, la metratura dell’appartamento non è un problema. La maggior parte dei ragazzi è iscritta alla Scuola Statale, sia per comodità che per scelta “politica” del genitore. Altri invece scelgono la scuola familiare, che è prevista dalla nostra Costituzione. Negli ultimi anni c’è stato un aumento di richieste verso ecovillaggi con la scuola familiare ma sono ancora in pochi ad averla interna o che si appoggiano a scuole familiari esterne.

Anziani ed ecovillaggi: possibilità di cura e difesa di chi è in là con gli anni? In una comunità intergenerazionale, dove il rapporto è familiare e di mutuo aiuto, va da sé che ci sia cura e protezione per gli anziani. Stessa cosa per chi ha problemi di salute o altre problematiche. All’esigenza, il gruppo si riorganizza per prendersi cura dei soggetti deboli e loro contribuiscono alla vita di comunità nel modo e nella misura che gli è possibile. Per esempio, il gruppo si turna se c’è da accompagnarli da qualche parte, li aiuta con le pratiche burocratiche, svolge al suo posto i lavori pesanti; d’altra parte il soggetto in difficoltà può coprire qualche turno in più in casa, o rispondendo al telefono, trasmettere competenze o orientare i nuovi. Si tenta comunque di creare il contesto affinché la persona rimanga attiva e si senta di dare il proprio contributo.

Chi è l’abitante di un ecovillaggio? Bella domanda! Senza la pretesa di essere esauriente, chi vive in un ecovillaggio ha alle spalle un passato di impegno nella società civile nel volontariato, in politica, in collettivi/organizzazioni ecologiste. Alcuni sentono forte il bisogno di ritrovare in questa società rapporti umani fondati sulla fiducia e la reciprocità, della collettività come forma di protezione e/o di espressione del potenziale umano, altri come realizzazione di un cambiamento culturale, nel modo di intendere il rapporto tra esseri umani e con la natura, il lavoro e l’economia. Molti ricercano “tempi” umani, volendo abbandonare la frenesia e la superficialità dei rapporti della vita moderna. Altri aspirano ad un luogo dove la vita si fonde con la ricerca spirituale. Spesso, sono persone che prima di compiere questo passo hanno detto dentro di sé “Basta!”

Progetto la Corte del Vento (VI) intenta a spannocchiare La Corte del Vento intenta ad ammucchiare le balle di paglia giganti - jumbo bales - utili alla costruzione del loro ecovillaggio

Anche tu vivi in un ecovillaggio? Io vivo in un neoprogetto di ecovillaggio. Siamo in 6 persone (alcuni diversi rispetto ai fondatori – è fisiologico!) e da due anni viviamo in una casa non di nostra proprietà sull’Appennino, alle porte di Firenze. Obiettivo per ora è la formazione del gruppo, la convivenza, la definizione della nostra visione progettuale e il portare a compimento obiettivi a breve termine, è un tempo che ci siamo dati per capire se quello che sogniamo è reale e fattibile. È una sorta di test.
Mi racconti la tua vita, la tua giornata? Le mie giornate sono molto variabili ma se dovessi raccontare la mia giornata nei periodi “tranquilli” la descriverei così: mi sveglio al mattino tra le 7.30 e le 8.30 in base al lavoro che ho da fare. Riordino la mia camera e alle 9.00 comincio a lavorare al computer: ho la fortuna di lavorare da casa (è collaboratrice tra l’altro del mensile Terra Nuova,ndr). Alle 13 scendo per aiutare ad apparecchiare e mangio con gli altri. Dopo pranzo aiuto a riordinare e lavare i piatti, ma ci turniamo come per cucinare, quindi non lo devo fare sempre. Alle 15, se c’è riunione partecipo attrezzata di quadernino, computer per il verbale e tutto il necessario. Se non c’è riunione, mi riposo un po’ e poi, se ho tanto lavoro, sto altre tre/quattro ore davanti al computer, se sono libera, dedico il pomeriggio ai lavori per la casa, al progetto, al volontariato, all’orto, alle pulizie, a tagliare legna o alle commissioni. La sera, se cucino io, alle 19.30 (alle 19.00 d’inverno) comincio a preparare con qualcun’altro e con la musica che accompagna questo tempo. Dopo cena, passiamo qualche ora a parlare, raccontarci, suonare. Spesso ceniamo insieme ai vicini di casa o agli amici che vengono, o andiamo a trovare. La cosa che amo di più è che, durante tutta la giornata, facendo attenzione nel capire se è un buon momento o no per l’altro, posso bussare ad una porta e scambiare per qualche minuto “due chiacchiere” con qualcuno. Posso chiedere un consiglio o anche solo un abbraccio. Quel poco che serve per sentirmi bene, amata, e affrontare la giornata con positività.
Che differenza c’è tra “Ecovillaggi e Cohousing”? Sono molto simili tra di loro. Originariamente, nel cohousing, la proprietà e la privacy sono molto più ampi rispetto all’ecovillaggio perché quest’ultimo nasce come forma spontanea di convivenza tra persone decise a raggiungere un obbiettivo comune, oltre al tema dell’abitare, che invece è “principe” nei progetti di cohousing. L’ecovillaggio sorge più spesso in campagna perché ha mira alla massima autonomia e sussistenza alimentare ed energetica; il cohousing lo si trova prevalentemente in città ma i confini sono estremamente labili. A Los Angeles si trova l’ecovillaggio LAEV (Los Angeles EcoVillage) mentre l’Alchemy Farm (East Falmouth, Massachusetts, United States) è un cohousing agricolo. Non ci sono limiti alla creatività e alle idee del gruppo fondatore.
Vuoi aggiungere altro si debba sapere sul vostro ecoprogetto? Ecovillaggi e cohousing sono attivi nel territorio in cui sono inseriti e nella società civile, sotto varie forme. L’intento non è scappare dal mondo rifugiandosi in un’ “isola felice” ma vivere in un luogo in cui il proprio dire “No!” allo stile consumistico occidentale e ai “valori” effimeri della società, abbia la possibilità di trasformarsi in una proposta alternativa e consolidarsi come esperienza positiva.