Alla scoperta dell’Appia

L’Appia ritrovata

Appia Feltrinelli

611 chilometri percorsi a piedi, 29 giorni di cammino, circa un milione di passi: così Paolo Rumiz, assieme a un gruppetto di amici, ha attraversato la madre di tutte le strade, l’Appia, tracciando un itinerario tra degrado, incuria e tanta bellezza.

Come il sentiero di Santiago, come la Francigena. In realtà, meglio, molto meglio. Anche perché l’Appia (la cui costruzione è iniziata nel 312 avanti Cristo per volere del censore Appio Claudio Cieco) si legge in un doppio profilo, non è solo una strada di pellegrinaggio religioso, ma un sali-e-scendi di storie archeologiche-culturali-ambientali che tolgono il fiato.

Scrive Rumiz: “Il paesaggio elargiva una sorpresa dietro l’altra, regalava all’occhio salti di prospettiva impensabili sul ‘cammino francese’ di Compostela. L’Appia surclassava Santiago”. Un viaggio difficile, legato spesso all’indifferenza o molto spesso alla violenza di istituzioni e amministratori che hanno saccheggiato i paesaggi attorno all’Appia e ovviamente anch’essa. Eppure, “proprio quando più pesante si faceva la contabilità dei misfatti, ebbene, proprio allora il viaggio faceva del suo meglio per sorprenderci in positivo”. Rumiz racconta di tanti che commentavano “ma chi ve lo fa fare? Perché partite?”, domande la cui risposta potrebbe essere: “Si parte perché se ne ha voglia, punto… Si parte perché è tempo di migrare e qualcosa ti si sveglia dentro come nelle anatre quando gli prudono le ali”.

Non solo un diario di viaggio, questo di ‘Appia’ (Feltrinelli editore, 19 euro), ma anche un progetto, l’obiettivo di rendere fruibile il tragitto lungo il suo percorso ai camminatori di tutto il mondo, da Roma a Brindisi e viceversa.
“Non so cosa mi sia rimasto più impresso di quest’avventura, se le facce o i paesaggi, le pietre viste o le atmosfere annusate in cammino… Mentre il peso dello zaino mi ancorava saldamente al suolo, la testa vagava come un aquilone tra le nuvole, e intanto il cibo mediterraneo generava appetitosi cortocircuiti con la Storia. Melanzane fritte e Federico di Svevia. Aglianico e canti ebraici di Oria. Carciofi alla giudia conditi con le Satire di Orazio Flacco. Vino flegreo e i canti tribali di Vinicio Capossela con la Banda della Posta. Lampascioni sott’olio e Simon Pietro in viaggio verso Roma. Perché il viaggio, insegna Calvino, passa anche tra le labbra e l’esofago. E chi viaggiando non cambia dieta, non ha capito nulla. È come se chiedesse polenta taragna a Ischia, o pesce in rifugio”. Bello, visionario, realista, invita al viaggio.